L’art. 14 del D.lgs. n. 81/2081, che novella l’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale adottabile dal personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sin dalla sua entrata in vigore è stato contraddistinto da un vero e proprio “sciame sismico senza tregua” dovuto agli incessanti restyling normativi che lo hanno riguardato.
L’instabilità della norma, sicuramente acuita dall’intervento della Consulta del 2010 e che sembrava essere cessata per effetto del D.lgs. n. 151/2015, ha da ultimo conosciuto nuove sostanziali modifiche a seguito dell’entrata in vigore dei D.l. nn. 146/2021 e 21/2022, rispettivamente convertiti dalle leggi nn. 215/2021 e 51/2022.
Ebbene, alla luce di quest’ultimi recenti interventi del legislatore tornare a indagare, anche attraverso un’ardua sistematizzazione dei tanti arresti interpretativi dell’INL, l’istituto in parola sembra essere di cruciale importanza attesa la funzione prevenzionistica ricoperta e la relativa sanzione penale connessa alla sua inottemperanza.
Il provvedimento di sospensione, infatti, è una chiave di volta del sistema sanzionatorio delle leggi sul lavoro non essendo rinvenibile – a sommesso avviso dello scrivente – un omologo potere, tra quelli in capo all’ente, che sia dotato di pari vis coercitiva: la diffida alla regolarizzazione dell’inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo (di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 124/2004) ovvero il provvedimento di disposizione (ex art. 14 del D.lgs. n. 124/2004), adottabile allorquando le irregolarità rilevate non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative, determinano conseguenze non interdittive ma di tipo meramente economico per il soggetto trasgressore.
Per certi versi, anche l’adozione della prescrizione obbligatoria, ex art. 15, D.lgs. n. 124/2004, per quanto di indubbia gravità e persuasività, non sembra avere la medesima “capacità” di raggiungere il bene della vita in tempi parimenti celeri.
È evidente, dunque, che la “funzione sociale” svolta dal servizio di vigilanza dell’INL nella complessa ricerca di una sintesi tra i tre interessi in rilievo (quello “generale” alla legalità nella conduzione degli affari e quello “particolare” interno alle ragioni dell’impresa e dei lavoratori ivi impiegati), finisce per trovare nell’art. 14 del T.U.S.L. lo strumento tecnico idoneo (rectius: efficace) a sanzionare, promuovere e prevenire comportamenti di per sé pericolosi.
In altri termini, come autorevolmente rilevato, esso sin dalla sua originaria versione continua a giocare nel nostro ordinamento un ruolo “anfibolo”, avendo al contempo natura cautelare ma anche sanzionatoria.
Del medesimo avviso anche la giurisprudenza amministrativa, secondo cui «la sospensione dell'attività imprenditoriale ex art. 14 comma 1 del D.lgs. 81/2008 costituisce una tipologia di sanzione avente la finalità di sollecitare il datore di lavoro a regolarizzare la posizione lavorativa dei dipendenti “in nero”».
Svolte queste brevi note utili ad inquadrare lo scenario giuridico entro cui opera la disciplina, si fa presente che la sospensione, necessariamente e puntualmente motivata (comma 5), è espressamente funzionalizzata a «far cessare il pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori» e/o a «contrastare il lavoro irregolare».
Limitatamente a quest’ultima finalità, poi, il legislatore – abbassando significativamente il precedente quorum percentuale – specifica che l’INL, «per il tramite del proprio personale ispettivo nell’immediatezza degli accertamenti» (comma 3), deve adottare il provvedimento qualora si riscontri che «almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro» (comma 1). A tal riguardo si specifica che la nota INL n. 5546/2017 ha inteso escludere dalla base di calcolo coloro i quali siano sopraggiunti nel corso dell’accesso ispettivo.
Inoltre, il “nuovo” potere di sospensione, attesa l’abrogazione dell’espressione «possono adottare», sottrae i margini di discrezionalità di cui era dotata l’INL dal momento che quest’ultima, al ricorrere dei suddetti presupposti oggettivi, oggi lo «adotta»: a questa rigidità fa da parziale contraltare il comma 4, che lascia la possibilità, in assenza di «grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità», di farla decorrere solamente dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo la sua adozione (cfr. circolare M.L. n. 33/2009).
Sicché solo formalmente il provvedimento appare aver definitivamente abbandonato la propria natura “discrezionale”, essendo oggi solo astrattamente sussumibile nella “vincolatività in concreto” dell’agire amministrativo, ancorché “a geometria variabile” in ragione proprio della presenza del comma 4 che consente il differimento degli effetti dell’atto al giorno seguente. All’Ispettorato, dunque, sarebbe rimesso unicamente l’accertamento delle condizioni di produzione dell’effetto giuridico.
Orbene a tal proposito la circolare n. 33/2009 del M.L. chiariva che l’ente avrebbe dovuto «valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottarlo […] laddove la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento».
È evidente che l’INL abbia perso il suo sindacato “di opportunità”, almeno inteso nei termini anzidetti della circolare del novembre 2009.
Sennonché, al di là della formale formulazione della norma in parola, più correttamente si deve concludere che l’Ente abbia una certa “discrezionalità tecnica” e non sia del tutto vincolato nel suo agire in ragione della condivisibile interpretazione, invero più praeter legem che letterale dell’articolo 14, espressa dall’autorità amministrativa nella nota n. 1159/2022 con la quale si è riespanso il proprio potere decisionale avocando a sé la possibilità di individuare «attività non differibili» da sottrarre all’automatismo della sospensione.
Tornando alla nuova regolamentazione, a far da guida circa la corretta interpretazione dell’intero art. 14 è attualmente l’analitica circolare n. 3/2021 dell’INL, la quale idealmente raccoglie l’eredità della circolare ministeriale n. 33/2009, che per anni ha fornito le giuste chiavi ermeneutico – applicative sull’istituto.
Non da ultimo in termini di importanza, tornando al quorum del 10% dei «lavoratori presenti sul luogo di lavoro, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto», si fa presente che ciò che rileva è l’esistenza dell’obbligo della preventiva comunicazione: secondo la nota INL n. 1159/2022, infatti, ai fini della sospensione, non possono essere considerati “in nero” i coadiuvanti familiari ovvero i soci (viceversa, secondo la circolare M.L. n. 14184/2013, andavano tenuti in considerazione i collaboratori familiari e i soci lavoratori a cui non spetta l’amministrazione della società).
Costituisce, invece, principio acquisito dell’ente (cfr. circolare INL n. 33/2009) quello secondo cui per interpretare il termine “lavoratori” si debba accogliere un’accezione prevenzionistica ed onnicomprensiva, ovvero quella desumibile dalla definizione di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 81/2008, tesa a ricomprendere i lavoratori subordinati, i parasubordinati, gli apprendisti, i tirocinanti, i somministrati e coloro i quali svolgono la propria opera in regime di appalto: «persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari».
Tra l’altro, la “nuova nozione” estensiva di lavoratore contenuta nel D.lgs. n. 81/2008 è una delle principali differenze rispetto al precedente D.lgs. n. 626/1994 (nel quale il lavoratore era unicamente visto come creditore di salute e sicurezza).
Così che, tanto ai fini dell’applicabilità del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, quanto in relazione al perimetro soggettivo d’applicazione della disciplina di cui al D.lgs. n. 81/2008, può dirsi esistente un principio sostanziale e non formale di tutela dei rapporti giuridici tra i soggetti interessati, tale da ricomprendere finanche tutti coloro che prestano attività di volontariato e i soci lavoratori di cooperative.
Ed infatti, con l’espressione «indipendentemente dalla tipologia contrattuale» si è inteso porre l’attenzione unicamente sull’inserimento della persona all’interno dell’organizzazione aziendale, a prescindere dal titolo alla base del rapporto giuridico e perfino dalla onerosità della collaborazione prestata.
A tal proposito, anche in ragione dell’esaustività espositiva dei più recenti commentatori e della chiarezza della nota a firma congiunta M.L. e INL n. 393/2022, che integra la precedente nota INL e M.L. n. 29/2022, questo contributo volutamente non entra nel dettaglio della sospensione dell’attività nel caso in cui ad essere trovati all’opera siano lavoratori autonomi occasionali impiegati senza la preventiva comunicazione di cui all’art. 13, D.l. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021.
Inoltre, nonostante l’affastellarsi delle modifiche legislative, si ritiene pienamente attuale l’insegnamento della circolare M.L. n. 20848/2010 secondo cui la soglia numerica oltre cui scatta l’obbligo della sospensione:
Chiarito in che termini l’INL – specie dopo la più recente rivisitazione normativa dell’art. 14 del D.lgs. n. 81/2008 – riesca “per gemmazione interpretativa” a riacquisire margini di discrezionalità nell’adozione del provvedimento di sospensione, occorre necessariamente entrare nello specifico delle “attività non differibili” delineandone compiutamente i confini.
A tal proposito viene in rilievo la circolare M.L. n. 33/2009 e, soprattutto, la più recente nota INL n. 1159/2022.
Ebbene, la mancata sospensione per l’attività ritenuta dall’Ispettorato “non differibile” si ha «con particolare riferimento ai casi di attività la cui interruzione potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione (ad es. nel settore agricolo o in quello zootecnico) nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico […] si ritiene pertanto che possa integrare un grave rischio per la pubblica incolumità la sospensione di un servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque salvaguardato (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica ecc.».
Sempre la nota n. 1159/2022 ha specificato che la valutazione da fare è «sul possibile posticipo degli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento […] intendendo pertanto per “attività lavorativa” non solo il singolo turno di lavoro ma il ciclo produttivo in corso, dalla cui interruzione possano derivare conseguenze gravi di natura economica».
Sicché può ritenersi che, nella scelta rimessa all’INL, vengano in rilievo alternativamente due beni da ponderare: il possibile danno alla produttività d’impresa (e non evidentemente il danno alla produzione / mancato guadagno derivante dalla chiusura) e il concreto rischio di lesione di diritti costituzionalmente tutelati.
Da quest’ultimo punto di vista, quindi, la discrezionalità dell’Ispettorato ha natura “politico-costituzionale” del tutto differente dal più tradizionale e diffuso modello di amministrazione burocratica.
Non esiste, infatti, una elencazione normativa – tassativa o esemplificativa che sia – che selezioni i diritti costituzionali da tenere in considerazione ai fini del bilanciamento.
Da questo punto di vista, pertanto, l’INL agisce in maniera non dissimile alla Commissione di Garanzia per gli Scioperi nei Servizi pubblici Essenziali, allorquando quest’ultima individua “in via interpretativa” i servizi essenziali connessi con i diritti costituzionali tassativamente indicati al primo comma dell’art. 1 della L. n. 146/1990.
Ragion per cui l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sempre nel solco del contemperamento tra i diritti in rilievo, riconosce la sussistenza di attività “non differibili” proprio al fine di non compromettere la continuità del servizio pubblico e le inevitabili ricadute negative sulla libertà dei cittadini-utenti.
Inoltre, nell’interpretare la nota INL n. 1159/2022 si evince che le attività oggetto di trattazione sono quelle volte a garantire il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro dei soggetti trovati nel luogo al momento dell’ispezione.
In altri termini, per l’Ente non è rilevante la natura del rapporto di lavoro con gli addetti ai servizi ed il regime giuridico in cui operano i gestori, poiché si fa esclusivo riferimento al profilo funzionale del servizio che può essere gestito indipendentemente da pubbliche amministrazioni o privati (in appalto, in concessione, in proprio, etc).
Per tali motivi l’aggettivo “pubblico” (che connota il sostantivo “servizio”) non deve essere inteso in senso “soggettivo” e/o “oggettivo” – ossia alla stregua dei servizi gestiti da pubblici poteri o sottoposti al controllo e alla direzione pubblica – ma in senso “funzionale”: servizi di utilità generale finalizzati a far fronte ai bisogni diretti ed immediati dei cittadini-utenti.
La recente nota INL n. 162/2023 ha fornito preziosi chiarimenti circa l’esclusione espressa al primo periodo del comma 4 dell’art. 14 del D.lgs. n. 81/2008, secondo cui «I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa».
Per espressa previsione legislativa, dunque, tale eccezione opera unicamente nell’ipotesi di lavoro irregolare e non anche in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
Da ciò logicamente ne consegue – come riferito dallo stesso ente – «che tale esclusione non troverà applicazione qualora siano contestualmente evidenziate le gravi violazioni di natura prevenzionistica indicate nell’allegato I del D.lgs. n. 81/2008 – ivi compresa la mancanza del DVR o della nomina del RSPP – da sole sufficienti a giustificare l’adozione del provvedimento cautelare».
Importante tener presente che la nota n. 162/2023 e la circolare n. 3/2021 ribadiscono che qualora trovi applicazione la deroga in questione «il personale ispettivo dovrà comunque imporre, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 14, ulteriori e specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro, disponendo l’allontanamento del lavoratore sino alla completa regolarizzazione anche sotto il profilo prevenzionistico».
Quest’ultima specifica appare del tutto adesiva rispetto alla ratio legis, dal momento che l’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 14, di natura tipicamente cautelare, trova applicazione tanto nell’ipotesi di lavoro “a nero” quanto in relazione alle gravi violazioni della normativa prevenzionistica.
Sennonché l’ultimo periodo del comma 1 lascia la più ampia discrezionalità all’autorità amministrativa «può imporre specifiche misure».
Ne consegue che, con un certo margine di certezza, nonostante prima facie le suddette circolari sembrerebbero imporre l’adozione dell’atto “sempre e comunque” («il personale ispettivo dovrà comunque imporre»), l’Ispettorato territorialmente competente possa ponderare in relazione ai rischi specifici, caso per caso, l’opportunità di adottare o meno l’allontanamento del lavoratore.
[*] Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto del lavoro ‒ Università di Roma “La Sapienza”, già Assegnista di Ricerca in Diritto del Lavoro presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino. Attualmente è funzionario giuridico-amministrativo della Direzione Interregionale dell’INL del Centro, sede di Roma. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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