La recente riforma del lavoro sportivo ha preso l’abbrivio dalla legge delega 8 agosto 2019 n. 86, sulla base della quale è stato emanato il d.lgs. 28 febbraio 2021 n. 36 (d’ora in poi il “Decreto”) – successivamente integrato e modificato dal d.lgs. 5 ottobre 2022 n. 163 (d’ora in poi il “primo correttivo”) e da ultimo dal d.l. 29 agosto 2023, n. 120 (d’ora in poi il “secondo correttivo”).
In via preliminare, è opportuno rilevare che il Decreto si applica tanto allo sport professionistico, caratterizzato dalla presenza del fine di lucro, quanto a quello dilettantistico, caratterizzato, di contro, dall’assoluta assenza di tale fine, ancorché secondo discipline differenziate che si innestano in un nucleo regolatorio comune.
Ci si riferisce, in particolare, alla disciplina sul tesseramento, alla definizione di lavoratore sportivo e alle peculiarità che assume il lavoro subordinato all’interno del contesto sportivo.
Nel dettaglio, viene previsto che il tesseramento è l'atto formale con il quale la persona fisica diviene soggetto dell'ordinamento sportivo ed è autorizzata a svolgere attività sportiva con una associazione o società sportiva e con gli Enti sportivi indicati.
Inoltre, il Decreto definisce lavoratore sportivo colui che, nel settore sia professionistico sia dilettantistico, esercita l'attività sportiva ricevendo un corrispettivo. Per attività sportiva si intende sia quella svolta da 7 figure tassativamente individuate (atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico, direttore di gara) che quella riferibile ad ogni altro tesserato che svolga verso un corrispettivo le mansioni individuate dai regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale.
Infine, in materia di lavoro subordinato, il Decreto stabilisce, da un lato l’inapplicabilità al lavoratore sportivo delle tutele in materia di impianti audiovisivi, accertamenti sanitari, licenziamento, demansionamenti e trasferimenti e, dall’altro l’inapplicabilità al contratto a tempo determinato – che nell’ambito sportivo può contenere l'apposizione di un termine finale non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto – della disciplina ordinaria sul tempo determinato.
Con riferimento al settore professionistico, il Decreto stabilisce – ricorrendo a due presunzioni di carattere relativo – che il lavoro sportivo prestato dagli atleti come attività principale, ovvero prevalente e continuativa, si presume oggetto di contratto di lavoro subordinato (presunzione di subordinazione). Per il Legislatore esso costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo (presunzione di autonomia) quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti: a) l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; b) lo sportivo non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno..
Per quanto attiene al rapporto di lavoro tra atleta e società sportiva professionistica, il Decreto sancisce che il medesimo si debba costituire mediante assunzione diretta e che il relativo contratto di lavoro debba essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata o dalla Disciplina Sportiva Associata, anche paralimpici, e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all'accordo collettivo stipulato. Altra disposizione rilevante in proposito è quella secondo cui la società ha l'obbligo di depositare, entro 7 giorni dalla stipulazione, il contratto presso la Federazione Sportiva Nazionale o la Disciplina Sportiva
Con riferimento all’ambito dilettantistico, il Legislatore sembra manifestare una preferenza per il lavoro parasubordinato rispetto a quello subordinato e a quello autonomo tout court.
Infatti, il Decreto prevede che, nell’area del dilettantismo, il lavoro sportivo si presuma – fino a prova contraria, come chiarito nella relazione illustrativa al primo correttivo – oggetto di contratto di lavoro autonomo (presunzione di autonomia), nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quando ricorrono i seguenti requisiti nei confronti del medesimo committente: a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le ventiquattro ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici.
Ciò chiarito, preme rilevare che, per quanto previsto dal Decreto, l'associazione o società nonché gli altri Enti indicati destinatari delle prestazioni sportive sono tenuti a comunicare al Registro delle attività sportive dilettantistiche (e non al Centro per l’impiego) i dati necessari all'individuazione del rapporto di lavoro sportivo instaurato, entro il trentesimo giorno del mese successivo (termine stabilito dal secondo correttivo).
La normativa in esame dispone, altresì, che (almeno) per le collaborazioni coordinate e continuative relative alle attività previste dal medesimo, l'obbligo di tenuta del libro unico del lavoro venga adempiuto in via telematica all'interno di apposita sezione del Registro delle attività sportive dilettantistiche e che, nel caso in cui il compenso annuale non superi l'importo di euro 15.000,00, non vi sia obbligo di emissione del relativo prospetto paga.
Infine, va evidenziato che anche nel nuovo quadro regolatorio, in caso di etero-organizzazione, alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. non si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Con riferimento a dette prestazioni il Decreto, come modificato dai due correttivi di cui sopra, stabilisce che le società (si ritiene anche quelle operanti nel settore professionistico) e le associazioni sportive, le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, il CONI, il CIP e la società Sport e salute S.p.a. possano avvalersi nello svolgimento delle proprie attività istituzionali di volontari che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali. Inoltre, viene stabilito che per tali prestazioni sportive possano essere rimborsate esclusivamente se documentate, ovvero, a fronte di autocertificazione, purché non superino l'importo di 150 euro mensili, le spese relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.
Il Decreto sancisce che ricorrendone i presupposti, l'attività di carattere amministrativo-gestionale resa in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche e degli altri Enti specificamente indicati possa essere oggetto di collaborazioni coordinate e continuative ai sensi della normativa vigente.
Il Legislatore omette di specificare cosa debba intendersi per attività di carattere amministrativo-gestionale, pur essendo chiaro che tali attività non rientrino nel concetto di lavoro sportivo in senso proprio.
Ad ogni buon conto, tale concetto è stato a suo tempo chiarito dalla Circolare 21/E del 22 aprile 2003 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui rientrano in tale categoria “i compiti tipici di segreteria di un’associazione o società sportiva dilettantistica, quali ad esempio la raccolta delle iscrizioni, la tenuta della cassa e la tenuta della contabilità da parte di soggetti non professionisti”.
Pertanto, non potranno considerarsi “collaboratori” ai sensi della disposizione in esame articolo in questione – e men che meno “lavoratori sportivi” – i lavoratori appartenenti ad altre categorie (si pensi, ad esempio, agli addetti alle pulizie, ai manutentori, ai custodi degli impianti sportivi e agli autisti), rispetto ai quali dovrà essere applicata, senza alcuna deroga, la disciplina lavoristica corrispondente alle concrete modalità di svolgimento della prestazione.
Il Decreto, nella sua formulazione originaria, implicitamente escludeva l’apprendistato professionalizzante, dalle tipologie di apprendistato utilizzabili nel settore sportivo, limitandosi a disciplinare solo l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, per il diploma di istruzione secondaria superiore e per il certificato di specializzazione tecnica superiore e il contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca, sebbene successivamente la Legge di Bilancio 2022 (la legge 30 dicembre 2021, n. 234) avesse previsto che per le società e le associazioni sportive professionistiche che assumessero lavoratori sportivi con contratto di apprendistato professionalizzante il limite massimo di età fosse ridotto a 23 anni (rispetto ai 29 anni generalmente previsti per l’ apprendistato professionalizzante “ordinario”). Quindi, almeno con riferimento al settore professionistico la possibilità di assumere con contratto di apprendistato professionalizzante è stata espressamente prevista in via normativa, ancorché con limiti di età differenti da quelli ordinari.
Tale soluzione è stata poi recepita dal primo correttivo che ha espressamente previsto per il settore sportivo l’apprendistato professionalizzante fissando il limite minimo di età a 15 anni, fermo il limite massimo dei 23 anni di cui già si è detto.
Da ultimo, va rilevato che, con il secondo correttivo, ora il Decreto prevede che, in relazione all'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, il limite di età minimo sia di 14 anni – in deroga a quello generale di 15 anni – assolvendo il percorso di apprendistato l'obbligo di istruzione di cui alla normativa vigente.
Sebbene gli ultimi interventi normativi relativi al lavoro nel mondo dello sport, a partire dall’approvazione del Decreto, siano da ascrivere al tentativo da parte del Legislatore di fare chiarezza e quindi di promuovere l’attività sportiva in tutte le sue forme appare evidente come il quadro regolatorio della materia risulti ancora perfettibile.
Infatti, nonostante i correttivi in parola, allo stato permane il vizio di fondo della riforma che si sostanzia nell’eccesso di accentazione dei parametri numerico-economici, a scapito dell’elemento ontologico dei rapporti di lavoro.
[*] Ispettori del Lavoro. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza
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