Anno XII - n° 61

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Gennaio/Febbraio 2024

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Anno XII - n° 61

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Dove si concentrano i contratti “pirata”

Un’analisi dagli avviamenti a Milano


di Livio Lo Verso [*] e Mario Giaccone [**]

Lo Verso Giaccone 61

Il sistema contrattuale italiano si caratterizza per una frammentazione della rappresentanza dei lavoratori e soprattutto delle imprese nettamente superiore agli altri paesi europei (Traxler, Huemer, 2007), con molteplici linee di frattura fra le organizzazioni. Questa caratteristica si è riflessa nella proliferazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) dopo il referendum del 1995, che ha rimosso il vincolo della maggior rappresentatività al livello “nazionale”.

A tutt’oggi sono stati depositati presso il CNEL 1034 CCNL, fra scaduti e in vigore: di questi, poco più di 200 sono stati sottoscritti dalle maggiori confederazioni sindacali, mentre gli altri si sono presto guadagnate l’appellativo di “pirata” per condizioni retributive e normative inferiori.

Le domande che da anni operatori e studiosi del mercato del lavoro e delle relazioni industriali riguardano 1) la diffusione dei CCNL c.d. “pirata” (nel seguito: “non confederali”) 2) il loro potere condizionante sugli esiti contrattuali fra le organizzazioni comparativamente maggiormente rappresentative (nel seguito “confederali”).

La crescita dei CCNL sottoscritti, diventata esponenziale dopo la crisi del 2009, si accompagna al successo dei Fondi interprofessionali (FPI) promossi da altri soggetti non confederali (Tomasetti, 2014), destando forti preoccupazioni non solo fra le parti sociali “comparativamente maggiormente rappresentative”, che vedevano messa in discussione la loro autorità salariale, ma anche fra i soggetti pubblici: in particolare l’INPS, in quanto le minori contribuzioni derivanti da retribuzioni più basse potevano costituire una ulteriore minaccia ai conti previdenziali e al raggiungimento di pensioni dignitose.

Un punto di svolta è costituito dalla circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) 3/2018, che prende a riferimento i minimi tabellari stabiliti nei CCNL sottoscritti dalle organizzazioni “comparativamente maggiormente rappresentative” per il calcolo delle contribuzioni, al sotto dei quali le aziende vengono sanzionate per omessa contribuzione. Per effetto di questa circolare, i minimi tabellari dei CCNL “non confederali” si sono presto allineati ai CCNL “confederali”, ma permangono condizioni peggiori in materia di inquadramento, anzianità, ferie, maggiorazioni per orari antisociali e straordinari.

I risultati dai primi studi sui dati INPS, che considerano lo stock del lavoro dipendente, mostrano incidenze contenute dei CCNL “non confederali”. Secondo D’Amurri e Nizzi (2017), che combinano la fonte INPS con la survey INVIND di Banca d’Italia, si attesta sul 2%, (9,2% nel terziario), nel rapporto INPS 2018 il 3% delle posizioni presenta un CCNL non identificato, nella metalmeccanica i “non confederali” riguardano meno dello 0,1% dei dipendenti e nel terziario il 2,7%; infine, Giangrande (2023) rileva che i CCNL sottoscritti da Cgil-Cisl-Uil sono applicati al 92% dei lavoratori, quelli “pirata” al 3% mentre del 5% non si ha menzione. Pur non potendo attribuire in modo non neutrale questi ultimi, il fenomeno appare pertanto di dimensioni ben più ridotte rispetto ai FPI “non confederali”, passati dal 5,1% dei dipendenti nel 2011 al 20,3% nel 2022, la cui diffusione appare legata al finanziamento della formazione obbligatoria, esclusa a priori dai FPI “confederali”.

Il Rapporto sul mercato del lavoro 2023 di Città Metropolitana di Milano (CMM) prova ad esaminare i flussi sul mercato del lavoro utilizzando i dati provenienti dalle comunicazioni obbligatorie di avviamento (COB) inviate dalle imprese del settore privato dal 2015 al 2022. In questo modo, si intende controllare eventuali discrasie dei flussi di assunzioni rispetto agli stock, fornendo non solo informazioni sui trend in atto ma anche indizi su come potrà evolvere la regolazione del mercato del lavoro.

Come sintetizzato da D’Amurri e Nizzi (2017), "la sola esistenza di CCNL con costo del lavoro ridotto rispetto a quelli “maggiori” esercita una pressione al ribasso sulle retribuzioni dell’intero comparto, in quanto riduce il potere contrattuale dei sindacati più rappresentativi”, situazione già osservata nei CCNL del commercio e del turismo a metà del decennio scorso: questo comporta che è sufficiente una variazione, sia pur modesta, nelle dinamiche per produrre una significativa influenza sul potere contrattuale delle parti sociali.

Per praticità, si è ristretto l’analisi alle tre principali forme contrattuali previste in tutti i CCNL - tempo indeterminato, tempo determinato e apprendistato - e si sono aggregati i CCNL applicati in quelli sottoscritti dai sindacati confederali o da altre sigle sindacali.


Gli andamenti 2015-2022


Tra il 2015 e il 2022 si sono registrati in CMM 4.318.655 avviamenti: di questi, il 92% con CCNL confederali e il 3% ha riguardato contratti collettivi “non confederali”, mentre per il rimanente 5% non è stato possibile risalire alla classificazione poiché indicata come altra forma contrattuale.

Tuttavia, nel periodo in esame le COB con un CCNL “non confederale” crescono di ben 4 volte, passando dall’1,17% nel 2015 al 4,85% nel 2022, a scapito di quelle che indicano un CCNL “confederale”, mentre le COB prive di indicazione in merito restano sostanzialmente stabili (fig. 1).


Figura 1 - Incidenza avviamenti per tipologia di CCNL

Lo Verso Giaccone Fig 1


Per meglio capire dove si è maggiormente diffuso il ricorso ai CCNL “non confederali”, si è confrontata la distribuzione per aree contrattuali, utilizzando i raggruppamenti CNEL, e per macrosettori di attività aggregando i settori ATECO: l’analisi ha preso a riferimento i due anni terminali e un “anno di transizione” il 2019, prima cioè dello shock Covid.

Nel territorio milanese, le aree contrattuali G (poligrafici e spettacolo) e H (terziario servizi) rappresentano circa il 60% degli avviamenti registrati nei tre anni presi in esame. Gli avviamenti con indicazione di un CCNL “non confederale”, invece, si concentrano per almeno il 90% nelle medesime aree contrattuali, con l'aggiunta dell'area V (multiservizi).

La distribuzione complessiva fra aree contrattuali appare abbastanza stabile nel tempo (salvo l’edilizia, nel 2022 ancora trainata dal superbonus), mentre gli avviamenti con CCNL “non confederali” presentano rilevanti oscillazioni: crolla la diffusione dell’area contrattuale G, a beneficio nel 2019 dei CCNL dell’area V, e nel 2022 dell’area H.

La variabilità delle aree contrattuali non trova riscontro nella distribuzione per settori produttivi ATECO: dove l’84% degli avviamenti complessivi avviene nei servizi (81,4% del 2022 per effetto superbonus), in presenza di CCNL “non confederali” si passa dal 90% del 2015 al 95% per il 2019 e il 2022. Infine, la quasi totalità degli avviamenti con questi ultimi è coperto da appena 70 CCNL sugli oltre 700 "non confederali" depositati presso il CNEL.

Se si prende in esame l’effettiva incidenza dei CCNL “non confederali” sul totale degli avviamenti (tabella 2), nel 2015 erano un fenomeno con un qualche significato nei servizi alle imprese (1,8%) e nell’industria (1,3%), in prevalenza con CCNL non pertinenti al settore di attività. Nel 2019 la loro crescita appare più visibile nei settori commercio-logistica (3,1%) e servizi alle imprese (3,8%), seguita dai servizi alle persone, mentre la crescita nell’industria appare più debole. Con le incidenze raggiunte nel 2022 - 6,7% nei servizi alle imprese, 5% nel commercio-logistica e 4,1% nei servizi alla persona – appare più difficile parlare di “marginalità” degli avviamenti con CCNL “non confederali” nel terziario.


Figura 2 - % avviamenti con CCNL “non confederale” per macrosettore

Lo Verso Giaccone Fig 2


Per capire se esistono delle nicchie settoriali di elezione dei CCNL “non confederali”, è utile ritornare all’analisi per aree contrattuali CNEL (tab. 1): la loro incidenza risulta rilevante solo nell’area V – multisettoriali, dove cresce dal 21,2% degli avviamenti nel 2015 al 78,5% del 2022. Nell’area contrattuale H la crescita è stata indubbiamente significativa, pur rimanendo minoritaria (dall’1,2% al 7,4% del totale), mentre in altre aree contrattuali siamo in presenza di picchi estemporanei, sia pure con incidenze rimaste modeste.

Il successo nei CCNL “non confederali” multiservizi è presto spiegata: è l'area contrattuale con le retribuzioni tabellari più basse e presentano perimetri contrattuali molto più ampi dei corrispondenti CCNL “confederali”, allargandosi dai tradizionali ambiti (come pulimento, facility management, servizi ausiliari di fotocopie e guardiania, servizi condominiali) alla logistica-facchinaggio e, in qualche caso, all’industria manifatturiera, al turismo-ristorazione e alla consegna pacchi, dando luogo a un vero e proprio dumping contrattuale. I CCNL “non confederali”, pertanto, si concentrano in attività economiche caratterizzate da un alto grado di sostituibilità della forza lavoro e da una forte competizione sui costi.

 
Tabella 1
Incidenza CCNL non confederali su COB per area contrattuale CNEL
CCNL 2015 2019 2022
A - agricoltura 0,0% 0,2% 2,0%
B - chimici 0,0% 0,5% 0,1%
C - meccanici 0,0% 0,2% 0,1%
D - tessili 0,0% 0,0% 0,0%
E - alimentaristi 0,0% 0,4% 0,0%
F - edilizia legno arredo 0,0% 0,0% 0,3%
G - poligrafici spettacolo 2,6% 2,3% 0,5%
H - terziario servizi 1,2% 2,6% 7,4%
I - trasporti 0,4% 3,3% 0,6%
J - credito assicurazioni 0,4% 0,2% 0,1%
K - utilities facility sportive 0,0% 0,5% 4,5%
T - istruzione sanità cultura associazioni 0,1% 1,4% 0,3%
V - multisettoriali 21,2% 68,6% 78,5%
CD – non indicato 0,0% 0,0% 0,0%
Totale 1,2% 3,0% 4,8%


La distribuzione per rapporti contrattuali


La distribuzione per rapporto di lavoro permette di comprendere l’impatto, a prima vista controintuitivo, della circolare INL 3/18 sugli avviamenti.

A livello complessivo (Fig. 3), nella CMM le assunzioni a tempo indeterminato scendono al 34,1% del 2015 al 21,5% del 2017, per poi risalire al 26,8% nel 2020 e assestarsi su valori di poco inferiori nel biennio successivo. Dal canto suo, il ricorso all’apprendistato cresce dal 2,7% del 2015 al 5% del 2022, valore di poco inferiore al 2021.

Gli andamenti risentono pesantemente di due eventi esterni: la decontribuzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel 2015 in parallelo all’introduzione del Jobs Act, “buttando fuori mercato” l’apprendistato, almeno temporaneamente, e la pandemia del 2020, con un ben noto tracollo delle assunzioni, specie a tempo determinato. Gli avviamenti con CCNL “confederale” seguono questi trend.

In presenza di CCNL “non confederale”, osserviamo il processo inverso: gli avviamenti a tempo determinato precipitano dal 42,4% nel 2015 al 16,9% del 2022, con un tracollo fra il 2018 e il 2019 (dal 39,6% al 28,8%). Sembrerebbe pertanto che la forte crescita degli avviamenti con CCNL “non confederali” sia in larga misura attribuibile a rapporti a termine.


Figura 3 - Avviamenti per rapporto di lavoro e CCNL %

Lo Verso Giaccone Fig 3


Conclusioni


L’analisi dei CCNL impiegati negli avviamenti nel Milanese fornisce importanti spunti di riflessione sulle dinamiche del mercato del lavoro e sulle modalità di regolamentazione dei rapporti di lavoro. Si conferma il potere normativo delle associazioni di rappresentanza “comparativamente maggiormente rappresentative” emerso dagli studi precedenti, ma al contempo appaiono accentuarsi i dualismi del mercato del lavoro con il ricorso a CCNL che rimangono discutibili sul piano normativo per le occupazioni più faticose e disagiate e a più alto tasso di sostituibilità, in primis pulizie, facchinaggio e guardiania.

Fa riflettere il fatto che gli avviamenti con CCNL “non confederali” sono cresciuti dopo la circolare INL 3/2018 ed abbiano coinciso con il crescente ricorso al rapporto è andato in direzione opposta per reagire ai buchi demografici e alla great resignation seguita ai lockdown, con saldi occupazionali positivi quasi integralmente attribuibili ai rapporti a tempo indeterminato (CMM, 2024).

In ogni caso, per comprendere se siamo di fronte a una effettiva crescita dei CCNL “non confederali” in determinati segmenti del tessuto produttivo milanese oppure a un cambio nelle scelte di recruiting da parte delle aziende interessate, diventa opportuno considerare gli avviati in luogo degli avviamenti come unità di analisi, controllando i risultati con l’analisi delle imprese che adottano questi CCNL e con le variazioni negli stock, consentito dalla fonte INPS. Quadrato Rosso

Riferimenti Bibliografici

D’Amurri F., Nizzi R. (2017), I recenti sviluppi delle relazioni industriali in Italia. Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers) n 416/2017

Giangrande, N. (2022). “I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, il ruolo dei sindacati confederali e i lavoratori coperti”, Economia e Società Regionale, n. 3, pp. 33-42

Traxler F., Huemer G., a cura di (2007), Handbook of business interests associations, firm size and governance. Routledge, London and New York

P Tomassetti (2014) Arginare la piaga dei contratti-pirata - Bollettino Adapt, 2014

INPS (2019), XVIII rapporto annuale

[*] Direttore Osservatorio del Mercato del Lavoro, Città Metropolitana Milano
[**] Professore a contratto, Università di Torino

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