Anno XII - n° 62

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Marzo/Aprile 2024

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Anno XII - n° 62

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Registrazioni sul LUL e diffida a regolarizzare

Una proposta di ‘regolamento dei confini’


di Luigi Sposato [*]

Luigi Sposato 62

A cosa servono le scritturazioni sul LUL


Il LUL serve a rendicontare gli aspetti economici e finanziari di ciascun rapporto di lavoro e, dunque, sul LUL “deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro […]”[1].

Il LUL è volto anche a fotografare l’andamento nel tempo della prestazione di lavoro attraverso un calendario delle presenze.

Da un canto, quindi, il contenuto del libro unico del lavoro “assolve alla funzione essenziale di documentare a ogni singolo lavoratore lo stato effettivo del proprio rapporto di lavoro e agli organi di vigilanza lo stato occupazionale dell’impresa” (così nella circolare del MLPS n. 20/2008).

E, dall’altro, la tempistica delle scritturazioni – che in termini generali serve a porre un punto fermo, anche ai fini dell’espletamento dell’attività di vigilanza sul rapporto di lavoro – è strettamente correlata alle tempistiche dei versamenti fiscali e contributivi.


La diffida a regolarizzare


L’art. 13 del d.lgs. 124/2004 prevede che “[…] qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare […] alla regolarizzazione delle inosservanze, comunque, materialmente sanabili […]”[2].

In una prima fase storica, la prassi del Ministero è stata caratterizzata da una distinzione tra illeciti omissivi (diffidabili) e illeciti commissivi (non diffidabili): le infedeli registrazione, come illeciti tipicamente commissivi, sotto questo profilo, sarebbero non diffidabili.

Così si esprime la circolare n. 20/2008 per cui “la diffida obbligatoria è applicabile nei casi di omissione, trattandosi di inosservanza sanabile, in quanto le registrazioni omesse sono materialmente realizzabili. […] Non così nei casi di infedele registrazione, trattandosi di condotta commissiva”[3].

Sposato 62 1Nel vademecum ministeriale del 5/12/2008, è scritto che “le registrazioni sono da intendersi infedeli quando il dato non registrato risulta gravemente non veritiero, e perciò infedele, rispetto all’effettiva consistenza della prestazione lavorativa con riguardo ai profili retributivi, previdenziali e fiscali. In tal caso la violazione è commissiva e perciò non diffidabile”.

Sempre nel vademecum è specificato che “non saranno considerate infedeli registrazioni ma registrazioni parzialmente omesse, gli straordinari registrati in modo incompleto e difforme dal vero”.

La condotta con cui il datore di lavoro scrive sul LUL un numero di ore di straordinario falso, quindi, è considerata un’omissione sebbene, all’evidenza, sia una condotta commissiva.

Le registrazioni di questo tipo di dati – che il vademecum definisce ‘variabili’, indicando a titolo di esempio proprio lo straordinario e la malattia –, pertanto, non attiene (nell’ottica del ragionamento ministeriale) “all’effettiva consistenza della prestazione lavorativa” perché, altrimenti, dalla loro omissione ne deriverebbe una sua “rappresentazione gravemente non veritiera”.

Ne abbiamo una serie di argomentazioni deduttive:

  1. L’alterazione dell’effettiva consistenza della prestazione lavorativa, con riguardo ai profili retributivi, contributivi e fiscali, implica che la rappresentazione è gravemente non veritiera;
  2. Una rappresentazione gravemente non veritiera implica che la registrazione è infedele;
  3. La registrazione infedele implica una condotta commissiva;
  4. Una condotta commissiva implica la non diffidabilità.


I periodi che le compongono esprimono l’interpretazione della norma che definisce l’omessa e l’infedele registrazione per come essa è formulata dai documenti di prassi.

Da tutto ciò ne deriva che, al di là delle etichette, per i documenti in analisi, il vero discrimine si troverebbe nella gravità dell’alterazione delle scritture e non nella natura della condotta; e che il medesimo discrimine costituirebbe il confine tra ciò che è diffidabile e ciò che non lo è.

In una seconda fase storica, il Ministero ha preferito porre il discrimine sulla valutazione dell’elemento soggettivo.

Il Ministero ha ritenuto plausibile che l’introduzione dell’avverbio ‘materialmente’ avesse una finalità estensiva delle fattispecie soggette a diffida obbligatoria.

Nella specie, la circolare n. 23/2011 si legge che “è, quindi, possibile sostenere che tutti gli illeciti previsti dal legislatore in materia di LUL […] possano essere oggetto di diffida obbligatoria […]”.

Allo stesso tempo la circolare specifica che le omesse e le infedeli registrazioni sarebbero da intendersi diffidabili salvo non sia accertata “la volontà […] di alterare i dati riportati sul LUL e quindi un vero e proprio dolo nella commissione dell’illecito”[4].

A questo punto, però, anche alcune condotte omissive – diffidabili secondo le linee di prassi analizzate retro – potrebbero essere non diffidabili in applicazione del criterio del dolo: si pensi all’alterazione dolosa delle registrazioni dello straordinario.

Nella risposta a interpello n. 47 del 31 dicembre 2011 (successiva alla citata circolare n.23/2011), però, il Ministero si riporta nuovamente al contenuto del vademecum del 2008 per definire gli aspetti qualificanti dell’infedele registrazione; ribadisce, dunque, che l’infedele registrazione “è legata alla registrazione di un dato che risulta ‘gravemente non veritiero’, e perciò infedele, rispetto alla ‘effettiva consistenza’ della prestazione lavorativa sotto il profilo retributivo, previdenziale o fiscale”.

Questa definizione di infedele registrazione, com’è evidente, riproduce il primo degli schemi logici che abbiamo analizzato retro. Ciò che il Ministero non chiarisce espressamente è quale sia l’impatto del criterio soggettivo del dolo nell’evoluzione del ragionamento.

L’omessa registrazione, quindi, continua a essere individuata per differenza rispetto all’infedele registrazione, e in ragione della gravità dell’alterazione. E questo è inevitabile perché entrambe le condotte sono definite nella medesima disposizione e sono sanzionate con la medesima sanzione.

La distinzione è tracciata ancora in base alla connotazione oggettiva dell’illecito, nella sua dimensione materiale. Questa dimensione materiale, però, non è neutra rispetto all’elemento soggettivo.

Se per dolo intendiamo il dolo generico, difatti, una rappresentazione gravemente non veritiera dell’effettiva consistenza della prestazione lavorativa di carattere colposo è una mera ipotesi di scuola[5].

In quest’ottica, allora, le infedeli registrazioni sarebbero sempre non sanabili poiché inevitabilmente dolose; al contrario delle omesse registrazioni che sarebbero non sanabili qualora dolose.

A vedere bene, il ragionamento complessivo della circolare contraddice la premessa da cui parte: il ministero ritiene che la modifica legislativa, mediante l’introduzione dell’avverbio ‘materialmente’, avesse l’obiettivo di estendere la sanabilità; ma all’esito dell’argomentazione ne abbiamo un effetto contrario rispetto al precedente criterio basato sulla natura della condotta.

La gravità della condotta, dell’evento e dell’elemento soggettivo, peraltro, non attengono alla ‘materiale sanabilità’ che è il solo criterio espressamente adottato dal legislatore.


‘Materiale sanabilità’ e ‘gravità dell’alterazione’ nell’ottica dell’interesse protetto


La sanabilità mediante diffida a regolarizzare è un istituto premiale perché consente di ridurre nella misura minima possibile la sanzione. La locuzione “comunque materialmente sanabili” sembrerebbe indicare la possibilità che l’autore dell’illecito realizzi una condotta materiale uguale e contraria alla condotta materiale sanzionata; e che questa condotta faccia riemergere nella sua pienezza il bene giuridico tutelato.

Sposato 62 2Si tratta di una locuzione che riecheggia la categoria dei provvedimenti amministrativi ripristinatori, quali a esempio l’ordine di demolizione di un manufatto urbanisticamente abusivo.

Nel solo caso di una condotta effettivamente ripristinatoria, difatti, il bene giuridico tutelato dalla disposizione sanzionatoria riemerge nella sua pienezza.

Il concetto stesso di ‘materiale sanabilità’, difatti, non può che essere inteso nell’ottica della struttura dell’illecito e non nel senso di ciò che si può materialmente (ossia concretamente) realizzare.

In virtù del principio di materialità e di offensività dell’illecito, l’inosservanza è sanzionata in quanto consista in una condotta che si manifesti quale fatto umano che incide sul mondo esterno, arrecando offesa a un interesse giuridico.

In termini speculari, la ‘materiale sanabilità’ deve essere intesa come condizione per la quale è possibile realizzare una condotta che si manifesti quale fatto umano uguale e contrario capace di incidere sul mondo esterno, ripristinando l’interesse giuridico violato dall’inosservanza.

Nel caso delle registrazioni sul LUL il bene giuridico tutelato dovrebbe essere unico e dovrebbe coincidere con l’interesse pubblico ad avere una rappresentazione veritiera della prestazione di lavoro[6]. In quest’ottica, pertanto, il trattamento di entrambe le inosservanze dovrebbe essere identico.

Eppure, la prassi tende da sempre a differenziarle; e ciò in ragione di un criterio di gravità degli esiti delle condotte, ancorato alla scritturazione di dati che rappresentino gli aspetti essenziali della prestazione di lavoro. E la differenziazione degli illeciti si accompagna al tentativo di distinguerli anche ai fini della diffida a regolarizzare.

Riprendiamo le prime due argomentazioni deduttive di cui s’è detto:

  1. L’alterazione dell’effettiva consistenza della prestazione lavorativa, con riguardo ai profili retributivi, contributivi e fiscali, implica che la rappresentazione è gravemente non veritiera;
  2. Una rappresentazione gravemente non veritiera implica che la registrazione è infedele.


Il dato interpretativo appare coerente con il dato normativo: l’illecito si realizza attraverso due condotte, l’una (l’infedeltà) di gravità maggiore rispetto all’altra (l’omissione).

Il confine è coerentemente posto sulla gravità dell’alterazione, a sua volta posto sulla qualità del dato: alcuni dati descrivono l’essenza della prestazione di lavoro, altri ne definiscono anche gli elementi di contorno.

Lo stesso interesse tutelato dalla norma può essere differenziato in due dimensioni: una ‘forte’ legata alla rappresentazione dei tratti essenziali della prestazione (lesa dalle infedeltà); e l’altra ‘debole’ connessa alla rappresentazione dei dati che completano la rappresentazione della prestazione di lavoro (lesa dalle omissioni).

Se questo è, non c’è alcun bisogno di ricorrere al criterio della condotta illecita o dell’elemento soggettivo ai fini della sanabilità; così come non c’è bisogno di definire omissive condotte che sono per natura commissive (si pensi sempre all’esempio dello straordinario registrato malamente).

Non ce n’è alcun bisogno perché la sanabilità materiale (che è il criterio della diffida a regolarizzare) attiene alla condotta ripristinatoria, di cui costituisce un esito, e non (in senso stretto) alla condotta illecita.

Ed è proprio la distinzione tra dati ‘variabili’ e dati ‘fissi’ della retribuzione che può contribuire alla delineazione del confine.

Sposato 62 3Si tratta di una distinzione che prende atto “dell’esistenza di una serie di variabili della retribuzione legata ad assenze o ad altri eventi […]”[7].

Nel caso di omissioni (che andrebbero riferite ai dati ‘variabili’ della prestazione) l’ordine di adottare una condotta uguale e contraria a quella omessa raggiunge il risultato ripristinatorio poiché, da un canto, le scritturazioni originarie forniscono una rappresentazione veritiera degli elementi fondamentali della prestazione mentre le scritturazioni realizzate a seguito della diffida ne costituiscono un completamento.

Nel caso dell’infedele registrazione di un dato sul LUL, invece, per aversi un effetto realmente ripristinatorio, con riemersione piena del bene giuridico tutelato, la condotta materiale richiesta all’autore dell’illecito dovrebbe essere tale da “cancellare” il fatto storico della scritturazione infedele e, dunque, tale da eliminare la parte del LUL infedele per sostituirla definitivamente con la registrazione corretta.

Ma questo non è giuridicamente possibile perché non si può assumere un provvedimento che ordini la soppressione del LUL infedele, e la sua sostituzione integrale con un LUL conforme al vero.

In definitiva, una lettura coordinata della prassi che sia anche coerente col dato normativo conduce a ritenere che le ‘rappresentazioni gravemente non veritiere dell’effettiva consistenza della prestazione lavorativa”, in quanto infedeli registrazioni, ledono irreversibilmente l’interesse giuridico tutelato e, dunque, devono essere corrette attraverso scritturazioni contrarie, fedeli e conseguenti all’accertamento dell’illecito; del quale illecito, però, non costituiscono alcuna sanatoria materiale nel senso premiale della regolarizzazione su diffida. Quadrato Rosso

Note

[1] Così l’art. 39 del Decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112.

[2] Prima dell’entrata in vigore del L. n. 180/2010, che ne ha implementato la formulazione testuale, la disposizione si riferiva alle “inosservanze comunque sanabili”.

[3] È bene precisare che la circolare precede l’introduzione dell’avverbio ‘materialmente’ nel testo dell’art. 14, avvenuta (come s’è detto) con il collegato lavoro del 2010.

[4] Così nella circ. 23/2011.

[5] Qualora non ci sia il dolo, è maggiormente plausibile che ci si trovi di fronte a un errore materiale, per ciò stesso non sanzionabile.

[6] È chiaro che esiste anche un interesse correlato del lavoratore per le ricadute retributive delle scritturazioni, ma l’illecito è posto a tutela dell’interesse pubblico perché il lavoratore potrebbe avvantaggiarsi dalla scritturazione infedele: si pensi al caso di un ‘fuoribusta’ che consente al lavoratore un risparmio di imposta.

[7] Circolare INPS n. 292 del 23/12/1993 per la quale: “Gli eventi ed elementi considerati sono: compensi per lavoro straordinario; indennità di diaria o missione; indennità economica di malattia o maternità anticipate dal datore di lavoro per conto dell'INPS; indennità riposi per allattamento; giornate retribuite per donatori di sangue; riduzioni delle retribuzioni per infortuni sul lavoro indennizzabili dall'INAIL; permessi non retribuiti; astensioni dal lavoro; indennità per ferie non godute; congedi matrimoniali; integrazioni salariali (non a zero ore).
A titolo di mero esempio, e senza pretesa di esaustività, si può ipotizzare che siano ‘fissi i dati che raccontano le presenze in servizio; il quantum della retribuzione corrisposta (si pensi al caso dei fuoribusta); la natura di un’erogazione: si pensi alle erogazioni descritte in termini tali da risultare estranee all’imponibile fiscale o previdenziale o da risultare soggette a tassazione agevolata o a sgravi contributivi.

[*] Ispettore del lavoro in servizio presso l’ITL di Cosenza. Le opinioni e le valutazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’amministrazione di appartenenza – Ispettorato Nazionale del Lavoro.

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