Il contributo riassume sinteticamente i principali contenuti della tesi di dottorato “Il lavoro agile tra legge, autonomia individuale e contrattazione collettiva”, tesi per la quale l’Autore ha vinto il premio “Massimo D’Antona per la migliore tesi di dottorato in diritto del lavoro” bandito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, edizione 2021.
Introdotto nell'ordinamento dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, recante «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato», il lavoro agile – noto ai più come smart working – ha da subito catturato l'attenzione della dottrina e degli operatori del diritto, suscitando un notevole interesse per la sua portata innovativa e dirompente. L'istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017 – caratterizzato da una stretta interazione tra tecnologie e prestazione di lavoro – rappresenta in effetti una sorta di inedito nel panorama giuslavoristico nazionale, rispondendo a logiche ed interessi in parte nuovi e diversi da quelli che da sempre sottendono il diritto del lavoro.
Peraltro, il successo e la notorietà dell’istituto vanno almeno in parte attribuiti alle tragiche e ben note vicende legate all’emergenza epidemiologica da COVID-19, la quale si è tradotta in una sperimentazione forzata e generalizzata del lavoro da remoto. Infatti, prima della diffusione del virus SARS-CoV-2, causa del coronavirus disease 2019, la diffusione del lavoro agile risultava sostanzialmente circoscritta alle imprese di dimensioni medio-grandi.
Tanto chiarito, può dirsi che il lavoro agile si configura come una forma di lavoro ibrido, ovvero una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato in cui si alternano con regolarità una prestazione resa all’interno dei locali aziendali ed una prestazione resa al di fuori dell’impresa. Tuttavia, lungi dall'essere una mera «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa» (articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017), l'istituto in discorso costituisce piuttosto un innovativo strumento di conciliazione vita-lavoro ed è in quanto tale che va prioritariamente studiato e valutato.
Se, effettivamente, la flessibilità spazio-temporale, ovvero la discrezionalità concessa al lavoratore nello scegliere dove e quando lavorare per la parte di prestazione resa al di fuori dei locali aziendali, rappresenta l’elemento caratterizzante del lavoro agile, questa flessibilità non è funzionale a sé stessa, bensì al perseguimento di precise finalità il cui concreto bilanciamento è affidato all’accordo individuale di lavoro agile sottoscritto da lavoratore e datore di lavoro.
Dunque, più che nella flessibilità spazio-temporale concessa al prestatore di lavoro nello svolgimento dell'attività lavorativa – invero già di per sé piuttosto significativa – l'elemento che più di ogni altro contraddistingue l'istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017 va piuttosto rinvenuto nell'inedita rivalutazione dell'autonomia individuale voluta dal legislatore, autonomia alla quale è infatti potenzialmente e consapevolmente rimessa la facoltà di regolare aspetti ed istituti del rapporto di lavoro subordinato solitamente ad essa sottratti. Peraltro, al di là del tentativo del legislatore di scardinare il tradizionale assetto dei rapporti tra le fonti del diritto del lavoro “scavalcando” la contrattazione collettiva, a rendere in qualche modo “speciale” l'istituto del lavoro agile è in ultima analisi la funzionalizzazione di questi vari aspetti ed istituti, la cui regolazione, demandata all'autonomia delle parti, è espressamente finalizzata ad «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro» (articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017).
L'approccio regolativo seguito dal legislatore per conseguire gli obiettivi enunciati dall’articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017 è invero piuttosto originale, specie laddove si consideri il carattere tradizionalmente inderogabile della norma lavoristica ed il fatto che il diritto del lavoro si fonda quasi programmaticamente sulla negazione dell’autonomia individuale del prestatore di lavoro, nella consapevolezza che le due parti del rapporto di lavoro non hanno la medesima forza contrattuale.
Il legislatore della legge n. 81/2017, al contrario, si è limitato a predisporre una normativa di cornice, indicando alle parti dell'accordo di lavoro agile quali elementi ed istituti debbano essere regolati all'interno del medesimo e lasciando alle stesse – nel rispetto delle sopraindicate finalità – il compito di definirne in concreto il contenuto. Insomma, oltre che la ratio della legge, le due finalità di cui all'articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017 rappresenterebbero altresì degli obiettivi ai quali le parti dell'accordo di lavoro agile dovrebbero concretamente aspirare, obiettivi tra i quali sussisterebbe oltretutto una relazione di tipo causa-effetto, dipendendo perlopiù l'incremento della competitività aziendale dalla maggiore produttività del lavoratore agile, a sua volta legata proprio al conseguimento di una migliore conciliazione vita-lavoro.
Due, quindi, sono le lenti attraverso le quali leggere le disposizioni della legge sul lavoro agile: da un lato le finalità di cui all'articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017, dall'altro il rapporto tra le fonti chiamate a disciplinare l’istituto. In particolare, se la corretta comprensione delle predette finalità e del rapporto intercorrente tra le medesime costituisce un prius logico rispetto all'analisi delle singole disposizioni della legge sul lavoro agile, concorrendo a formare un'imprescindibile chiave di lettura del disposto normativo, l'analisi del “sistema delle fonti” del lavoro agile, ovvero il complesso dei rapporti tra legge, autonomia individuale e contrattazione collettiva che caratterizza l'istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017, contribuisce a delineare la concreta fisionomia del medesimo e, quindi, la sua idoneità a realizzare le finalità per le quali è stato ideato.
Ciò detto, va preso atto del ruolo concretamente esercitato dal contratto collettivo nella regolazione dell'istituto in discorso. Infatti, al di là del dettato di legge, il quale non affida alcuna espressa competenza alla contrattazione collettiva, quest’ultima ha saputo ritagliarsi un suo spazio in materia. Detto altrimenti, benché il legislatore abbia dimostrato un'inedita fiducia nei confronti dell'autonomia individuale, l’autonomia collettiva, alla quale si deve l’avvio delle prime sperimentazioni aziendali in materia di smart working, è riuscita a mantenere il proprio ruolo di fonte predominante nella regolazione del lavoro agile.
In ragione di quanto appena osservato, non ci si può dunque esimere dal prendere in esame la contrattazione collettiva in materia di lavoro agile, soffermandosi in particolare sulla contrattazione di livello aziendale. Infatti, è solo all’interno della contrattazione collettiva aziendale che è possibile trovare una disciplina dettagliata del lavoro agile, necessitando questo istituto di essere adattato al singolo contesto organizzativo.
L'analisi della disciplina di fonte legale dell'istituto oggetto di studio va dunque condotta tenendo conto al contempo sia delle finalità di cui all'articolo 18, comma 1, legge n. 81/2017 e del nesso intercorrente tra le medesime, sia di quanto osservato con riguardo al “sistema delle fonti” del lavoro agile. Inoltre, sempre a proposito del metodo, va detto come l'indagine vada svolta su due livelli paralleli, facendo seguire al lavoro esegetico attorno alle disposizioni di cui al Capo II della legge n. 81/2017 l'analisi della contrattazione collettiva, sì da verificare come quel particolare profilo del rapporto di lavoro agile sia stato disciplinato dalle parti sociali.
Peraltro, a dispetto dell'esiguità del dettato normativo, l'opera di esegesi sulla legge n. 81/2017 si è dimostrata più complessa del previsto, circostanza che si spiega innanzitutto in base al fatto che la scarna cornice regolativa predisposta dal legislatore non aiuta il lavoro dell'interprete, presentandosi al contrario vaga ed approssimativa proprio nei punti che necessiterebbero di maggior chiarezza. Inoltre, quella del lavoro agile si presenta come una disciplina trasversale, nel senso che “taglia” e si interseca con i principali istituti del diritto del lavoro, richiedendo allo studioso di coordinarli e adeguarli alle prescrizioni della legge n. 81/2017. Difatti, la flessibilità spazio-temporale tipica del lavoro agile, ovvero la circostanza che la prestazione di lavoro smart sia svolta al di fuori dei locali aziendali, non può che incidere sui tradizionali istituti del diritto del lavoro, a cominciare dall’orario di lavoro e dall’obbligo di sicurezza, senza peraltro trascurare i classici poteri del datore di lavoro, richiedendo all’interprete di impegnarsi in una complessa opera di adattamento del dato normativo.
Sulla scorta dei limiti e delle potenzialità del lavoro agile riscontrati esaminandone la disciplina di fonte legale e quella di matrice contrattuale, è possibile formulare un giudizio complessivo sull’istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017 quale strumento di conciliazione vita-lavoro.
In proposito, va rilevato che nel determinare la capacità del lavoro agile di raggiungere le finalità per le quali è stato ideato un ruolo cruciale lo giochi proprio l’equilibrio tra le diverse fonti chiamate a regolare l’istituto in questione. Al fine di assicurare un miglior equilibrio tra tempi di vita e di lavoro, infatti, occorre trovare il modo di conciliare le esigenze organizzative dell’impresa con quelle individuali del singolo lavoratore, ruolo che la legge affida all’accordo individuale tra le parti, ma che nei fatti viene esercitato primariamente dalla contrattazione collettiva.
Quello dei rapporti tra legge, autonomia individuale e contrattazione collettiva non è certo un tema nuovo per il diritto del lavoro, ma assume una particolare rilevanza proprio alla luce delle finalità dell’istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017 e delle istanze individualistiche che permeano la società odierna, le quali si riflettono anche sui rapporti e sulle relazioni di lavoro. Sempre più lavoratori, infatti, esprimono l'esigenza di conseguire maggiori spazi di autodeterminazione nell’ambito del contratto di lavoro. Si registra, in particolare, una crescente aspirazione dei lavoratori all'individualizzazione dei tempi di lavoro. Innegabile, in proposito, la stretta interconnessione esistente tra “personalizzazione” dell’orario di lavoro ed esigenze di work-life balance, esigenze che variano di lavoratore in lavoratore e che possono richiedere, pertanto, una differente articolazione dei tempi di vita e di lavoro.
L’emersione di queste istanze individualistiche richiede che l’autonomia collettiva ed il sindacato se ne facciano carico, trovando un nuovo equilibrio tra contratto collettivo e autonomia individuale che, pur non rinunciando a proteggere il lavoratore in quanto “soggetto debole”, consenta di renderlo almeno in parte partecipe delle scelte che riguardano il proprio rapporto di lavoro. In altre parole, occorre valorizzare gli interessi dell'individuo dentro e fuori il rapporto di lavoro, rendendo il contratto di lavoro permeabile alle esigenze extra-lavorative del singolo lavoratore, sì da consentirgli una piena realizzazione della propria persona anche al di fuori della dimensione lavorativa e dando così piena attuazione all'articolo 3, comma 2, della Costituzione.
In conclusione, al di là di alcuni difetti, peraltro correggibili vuoi dal legislatore, vuoi dalle parti sociali (emblematico, in proposito, il Protocollo nazionale sullo svolgimento del lavoro in modalità agile 7 dicembre 2021), pare che il mix tra legge, autonomia individuale e contrattazione collettiva che contraddistingue la regolazione dell'istituto di cui al Capo II della legge n. 81/2017 – se correttamente dosato – consenta di plasmare un lavoro agile “su misura” idoneo sia ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sia ad incrementare la competitività delle imprese.
[*] Ricercatore di Diritto del lavoro presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Vincitore del “Premio Massimo D’Antona”, Ministero del Lavoro, Edizione 2021
Seguiteci su Facebook
>