Anno XII - n° 63

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2024

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Anno XII - n° 63

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Ha ragione l’Enasarco: l’influencer è un agente di commercio


di Eugenio Erario Boccafurni [*]

Eugenio Erario Boccafurni 59

La figura “dell’influencer” e i caratteri distintivi del contratto di agenzia rispetto al procacciatore di affari


Boccafurni 63 4Gli influencer sono creatori digitali, spesso giovani (non per forza), che pubblicano (ovvero “postano”, nel loro gergo) propri video e/o immagini riguardanti una infinità di settori differenti. Nel fare ciò, al fine di monetizzare il proprio lavoro di digital creator, in maniera esplicita o implicita, pubblicizzano attività commerciali, aziende medio-grandi, siti internet di e-commerce etc.

In altri termini, si tratta di una evoluzione delle vecchie “televendite”, sicuramente molto più efficace in quanto il contenuto digitale, che entra direttamente nelle case degli italiani ed “aggredisce” una fascia di spettatori facilmente influenzabili (considerata l’età anagrafica), diviene un tutt’uno con il prodotto oggetto di pubblicizzazione (anche occulta): tutto ciò è noto ai vari brand, che da tempo ormai investono molto di più in questo settore rispetto alle più tradizionali campagne pubblicitarie.

Secondo gli ultimi report di Onim – Osservatorio Nazionale sull'Influencer Marketing – e di “DeRev”, azienda di comunicazione e marketing digitale, l'Italia in proporzione alla sua popolazione residente, tra tutti i paesi europei, si distingue per il maggior numero di influencer e social creator. L’Onim, in particolare, stima che ogni 100 persone che vivono in Italia, il 2.22% tenta di svolgere attività tipiche dell’influencer, tutti cittadini con più di 18 anni e minimo 1000 seguaci (rectius: “followers”). Si pensi che nel 2023, solamente sul social “Instagram”, sono stati proposti oltre 161.800 contenuti promozionali, a cui se ne aggiungono 2.400 su “TikTok” e 13.300 su “YouTube”.

A tal proposito, secondo “DeRev”, nel 2022, sempre in Italia, il volume di affari ha raggiunto i 308 milioni di euro (16,4 miliardi nel mondo), con una crescita sull’anno precedente del 10%. I settori merceologici in cui operano tali platform workers sono il Fashion & Beauty (il 25%), il Gaming (12,9%), Travel & Lifestyle (12,5%) e lo Sport (al 12%).

Da un punto di vista giuslavoristico, ciò significa che gli influencer, nella trasversalità del proprio operare, stanno via via sostituendo professionalità che da sempre svolgono attività di pubblicizzazione e vendita di prodotti sul territorio.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, per la prima volta in Italia, nel condividere le conclusioni ispettive del personale Enasarco, ha confermato la legittimità della riqualificazione in termini di contratto di agenzia, ex art. 1742 c.c., del rapporto atipico dell’influencer che promuove stabilmente e con continuità i prodotti di un’azienda (produttori/distributori di beni on line).

Preliminarmente ad un esame di merito circa il ragionamento logico-giuridico che ha portato il Tribunale di Roma a qualificare taluni influencer come agenti di commercio, è anzitutto essenziale chiarire quali siano – secondo la prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità – i caratteri distintivi di quest’ultimi lavoratori parasubordinati.

Boccafurni 63 1Per forza di cose, le pronunce definiscono l’agente distinguendolo dall’affine figura del procacciatore di affari: la maggior parte degli accertamenti ispettivi dell’Enasarco, infatti, operano recuperi contributivi legati a presunti procacciatori, propagandisti scientifici/informatori farmaceutici, depositari, viaggiatori, piazzisti etc., tutte figure similari all’agente (così “similari” che spesso si assiste alla elusione dallo schema del contratto di agenzia), tuttavia non tenute all’iscrizione alla cassa previdenziale Enasarco. Sennonché, al contrario di tali lavoratori, gli agenti (ex art. 1742 c.c.) e i rappresentanti di commercio (ex art. 1752 c.c.) sono tenuti all’iscrizione all’INPS (Gestione speciale dei commercianti, di cui alla L. n. 613/1966) e all’Enasarco ai fini del trattamento previdenziale integrativo.

  • Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 8500/2023, del 02.10.2023, ha chiarito che i tratti distintivi del contatto di agenzia sono la continuità, la stabilità, la conclusione di contratti in una determinata zona, mentre il rapporto di procacciamento di affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità e in via episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore, da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni. È stato altresì rilevato che la configurabilità del contratto di agenzia non trova ostacolo nel fatto che l'atto di conferimento non abbia individuato espressamente la zona in cui l'incarico deve essere espletato, ove tale indicazione si evinca dall'ambito territoriale nel quale l'agente opera. Infine, quanto agli importi, la erogazione di compensi di rilevante entità è stata ritenuta incompatibile con la figura del procacciatore, stante la sua natura occasionale e episodica; mentre «La corresponsione da parte del datore di acconti e saldi è incompatibile con il rapporto di procacciamento di affari, attestando di contro la stabilità e continuità dello stesso e quindi la esistenza di un contratto di agenzia»;
  • La Suprema corte di Cassazione, con sentenza n. 30667/2023, ha stabilito che: «La stabilità implica che l'incarico sia conferito per una serie indefinita di affari (Cass., sez. lav., 16 ottobre 1998, n. 10265) e segna il discrimine dell'agenzia rispetto alla fattispecie del mandato (Cass., sez. lav., 14 aprile 2023, n. 10046, con riferimento alle ripercussioni di tali differenze sulla sorte del contratto, nell'ipotesi di fallimento del preponente). Per effetto della conclusione di un contratto di agenzia, tra agente e preponente s'instaura "una non episodica collaborazione professionale autonoma". Il risultato è a rischio dell'agente, che ha "l'obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo" (sentenza n. 2828 del 2016, cit., punto 2.1. dei Motivi della decisione). Diversamente si atteggia il rapporto del procacciatore d'affari, che si sostanzia "nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all'imprenditore da cui ha ricevuto l'incarico di procurare tali commissioni". La prestazione del procacciatore "è occasionale" e dunque "dipende esclusivamente dalla sua iniziativa", attiene "a singoli affari determinati" , ha "durata limitata nel tempo" e si traduce nella "mera segnalazione di clienti" o nella "sporadica raccolta di ordini", senza assurgere ad una "attività promozionale stabile di conclusione di contratti" (sentenza n. 2828 del 2016)»;
  • la Corte d'Appello di Roma, pronunciatasi il 31.07.2023, ha concluso per il contratto di agenzia laddove gli affari avevano avuto «regolare esecuzione», con fatture «in prevalenza progressiva», atteso che «la preponente forniva ai collaboratori documentazione tecnica per lo svolgimento del loro incarico e moduli per la raccolta di ordini».
  • Sempre il giudice di seconde cure capitolino, con sentenza del 25.05.2023, ha precisato che: «nel rapporto di agenzia […] le parti possono prevedere forme di compenso delle prestazioni dell'agente diverse dalla provvigione […] come ad esempio una somma fissa per ogni contratto concluso, od anche un minimo forfettario, o, come nel caso di specie, un fisso mensile».
  • Ancora la Corte d'Appello Roma, con sentenza del 02.02.2023, richiamando la pronuncia della Cassazione n. 3914/2022, ai fini qualificatori ha ritenuto irrilevante la mancata iscrizione del presunto agente nello specifico ruolo.


Inoltre, al di là della possibilità di esperire ricorso al giudice del lavoro, è importante tenere presente che avverso gli atti di accertamento Enasarco – qualora sia contestata la sussistenza o la qualificazione del rapporto – può essere esperito, perentoriamente entro 30 giorni dalla loro notifica, ricorso al Comitato per i Rapporti di Lavoro, ex art. 17, comma 2, del D.lgs. n. 124/2004, incardinato presso la Direzione Interregionale del Lavoro del Centro (Cfr. Circolari INL nn. 4/2016, 1551/2021 e 453/2023). Quest’ultimo, composto dal Direttore della DIL Centro, che riveste funzioni di Presidente, dai Direttori regionali di INPS e INAIL Lazio, ha 90 giorni di tempo per adottare una decisione cd. “eliminatoria” (con annullamento del provvedimento ispettivo impugnato), cd. “confermativa” (ovvero il rigetto del ricorso e la conferma delle deduzioni ispettive) o cd. “innovativa” (il Comitato ridetermina il provvedimento impugnato, modificandolo, in tutto o in parte). Tra l’altro, si precisa che il legislatore ha novellato un’ipotesi di “silenzio rigetto” del ricorso presentato, allorquando il predetto termine di 90 giorni spiri senza che il relativo provvedimento sia emesso dal C.R.L.

Considerato quanto precede, atteso il numero degli influencer che popolano il web italiano, il grado di affezione rispetto alle aziende che pubblicizzano (esplicitamente e/o in maniera occulta) e il considerevole volume di affari che essi generano, non è difficile immaginare che il suddetto Comitato – in un prossimo futuro – vedrà aumentare considerevolmente la mole di gravami rimessi alla propria decisione «sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell’Amministrazione», senza la possibilità di ulteriore attività istruttoria.


La pronuncia del Tribunale di Roma del 4 marzo, n. 2615


Boccafurni 63 2Interessante notare come il Tribunale abbia preso contezza di come l’introduzione dei nuovi mezzi e delle nuove tecniche di vendita abbiano modificato le modalità con cui i consumatori interagiscono con i prodotti e i servizi. In questo contesto, i social network e le piattaforme digitali diventano uno strumento ulteriore per fare promozione grazie alla figura degli influencer, da qualificarsi come agenti di commercio, al ricorrere di indici idonei a dimostrare gli elementi di stabilità e continuità della collaborazione tipica di cui all’art. 1742 e ss. c.c., e cioè:

  • lo scopo del contratto «stipulato con l’influencer, che non è di mera propaganda ma è quello di vendere i prodotti promossi direttamente ai followers di quell’influencer, tanto che il follower in sede di acquisto deve inserire il codice di sconto personalizzato associato all’influencer […] pertanto ogni volta che un acquisto avviene effettuato attraverso quel codice, il relativo ordine viene contrattualmente considerato come direttamente procurato dall’influencer»;
  • la presenza di una zona determinata, «che ben può essere intesa come comunità dei followers dell’influencer, che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto personalizzato dell’influencer»;
  • il vincolo di stabilita documentalmente provato, «dalla presenza di estratti conto contabili delle provvigioni ricevute dagli influencer e dalla sistematica emissione di fatture per una serie indeterminata di affari procurati attraverso l’attività promozionale svolta sui social e siti web compensati con la percentuale stabilita in contratto; tale vincolo risulta ulteriormente confermato quanto al sig. dalla ulteriore previsione di un compenso fisso per ogni contenuto promozionale pubblicato sul web»;
  • la durata del contratto, «stipulato a tempo indeterminato, nell'ottica quindi di un rapporto stabile e predeterminato».


Ebbene, il Tribunale romano ha – sic et simpliciter – calato nella realtà delle “comunità digitali” tutti gli anzidetti tradizionali indici giurisprudenziali discretivi, utili a definire la sussistenza di una collaborazione di agenzia rispetto a figure ad esso similari (su tutte, il procacciamento d’affari).

Nelle more di eventuale appello, è evidente che la dinamica del “codice sconto personalizzato per influencer” abbia fatto protendere per tale logica e razionale sussunzione interpretativa.


La subordinazione degli influencer non è da escludere


Boccafurni 63 3È noto che gli agenti di commercio debbano “conformarsi” alle direttive ricevute dal preponente, senza tuttavia che quest’ultime incidano sull’autonomia organizzativa degli stessi, sfociando in un vero e proprio potere direttivo eterodiretto (ex art. 2094 c.c.).

Sicché, sono da ritenersi incompatibili con l’autonomia propria dell’agente tutte quelle forme di ingerenza tipica del venditore lavoratore subordinato (ad es. l’indicazione quotidiana di una lista di specifici clienti da contattare o da visitare): il proponente diventa datore di lavoro allorquando imponga all’agente il “come”, il “dove” e il “quando” della sua prestazione.

Tornando alla pronuncia in parola, condividendo l’interpretazione di un primo intervento dottrinale in materia (cfr. P. Iervolino, Quello che le sentenze non dicono: influencer e contratto di agenzia, in L.P.O.), il decisum avrebbe potuto essere meno certo qualora a ricorrere fosse stato l’influencer (e non l’azienda, come nel caso di specie) al fine di accertare la natura subordinata del rapporto di consulenza in essere: d’altronde, come si è detto, allo stesso veniva comunque corrisposto a tempo indeterminato un compenso fisso per l’attività di promozione sui social network. Sicché, nulla è da escludere a prescindere, dovendosi interrogare “caso per caso”, anche in sede ispettiva, tenuto conto dell’intero compendio istruttorio in atti. Quadrato Rosso

[*] Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto del lavoro ‒ Università di Roma “La Sapienza”, già Assegnista di Ricerca in Diritto del Lavoro presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino. Attualmente è responsabile del Processo Pianificazione e Controllo della Direzione Interregionale del Lavoro del Centro. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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