Gli influencer sono creatori digitali, spesso giovani (non per forza), che pubblicano (ovvero “postano”, nel loro gergo) propri video e/o immagini riguardanti una infinità di settori differenti. Nel fare ciò, al fine di monetizzare il proprio lavoro di digital creator, in maniera esplicita o implicita, pubblicizzano attività commerciali, aziende medio-grandi, siti internet di e-commerce etc.
In altri termini, si tratta di una evoluzione delle vecchie “televendite”, sicuramente molto più efficace in quanto il contenuto digitale, che entra direttamente nelle case degli italiani ed “aggredisce” una fascia di spettatori facilmente influenzabili (considerata l’età anagrafica), diviene un tutt’uno con il prodotto oggetto di pubblicizzazione (anche occulta): tutto ciò è noto ai vari brand, che da tempo ormai investono molto di più in questo settore rispetto alle più tradizionali campagne pubblicitarie.
Secondo gli ultimi report di Onim – Osservatorio Nazionale sull'Influencer Marketing – e di “DeRev”, azienda di comunicazione e marketing digitale, l'Italia in proporzione alla sua popolazione residente, tra tutti i paesi europei, si distingue per il maggior numero di influencer e social creator. L’Onim, in particolare, stima che ogni 100 persone che vivono in Italia, il 2.22% tenta di svolgere attività tipiche dell’influencer, tutti cittadini con più di 18 anni e minimo 1000 seguaci (rectius: “followers”). Si pensi che nel 2023, solamente sul social “Instagram”, sono stati proposti oltre 161.800 contenuti promozionali, a cui se ne aggiungono 2.400 su “TikTok” e 13.300 su “YouTube”.
A tal proposito, secondo “DeRev”, nel 2022, sempre in Italia, il volume di affari ha raggiunto i 308 milioni di euro (16,4 miliardi nel mondo), con una crescita sull’anno precedente del 10%. I settori merceologici in cui operano tali platform workers sono il Fashion & Beauty (il 25%), il Gaming (12,9%), Travel & Lifestyle (12,5%) e lo Sport (al 12%).
Da un punto di vista giuslavoristico, ciò significa che gli influencer, nella trasversalità del proprio operare, stanno via via sostituendo professionalità che da sempre svolgono attività di pubblicizzazione e vendita di prodotti sul territorio.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, per la prima volta in Italia, nel condividere le conclusioni ispettive del personale Enasarco, ha confermato la legittimità della riqualificazione in termini di contratto di agenzia, ex art. 1742 c.c., del rapporto atipico dell’influencer che promuove stabilmente e con continuità i prodotti di un’azienda (produttori/distributori di beni on line).
Preliminarmente ad un esame di merito circa il ragionamento logico-giuridico che ha portato il Tribunale di Roma a qualificare taluni influencer come agenti di commercio, è anzitutto essenziale chiarire quali siano – secondo la prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità – i caratteri distintivi di quest’ultimi lavoratori parasubordinati.
Per forza di cose, le pronunce definiscono l’agente distinguendolo dall’affine figura del procacciatore di affari: la maggior parte degli accertamenti ispettivi dell’Enasarco, infatti, operano recuperi contributivi legati a presunti procacciatori, propagandisti scientifici/informatori farmaceutici, depositari, viaggiatori, piazzisti etc., tutte figure similari all’agente (così “similari” che spesso si assiste alla elusione dallo schema del contratto di agenzia), tuttavia non tenute all’iscrizione alla cassa previdenziale Enasarco. Sennonché, al contrario di tali lavoratori, gli agenti (ex art. 1742 c.c.) e i rappresentanti di commercio (ex art. 1752 c.c.) sono tenuti all’iscrizione all’INPS (Gestione speciale dei commercianti, di cui alla L. n. 613/1966) e all’Enasarco ai fini del trattamento previdenziale integrativo.
Inoltre, al di là della possibilità di esperire ricorso al giudice del lavoro, è importante tenere presente che avverso gli atti di accertamento Enasarco – qualora sia contestata la sussistenza o la qualificazione del rapporto – può essere esperito, perentoriamente entro 30 giorni dalla loro notifica, ricorso al Comitato per i Rapporti di Lavoro, ex art. 17, comma 2, del D.lgs. n. 124/2004, incardinato presso la Direzione Interregionale del Lavoro del Centro (Cfr. Circolari INL nn. 4/2016, 1551/2021 e 453/2023). Quest’ultimo, composto dal Direttore della DIL Centro, che riveste funzioni di Presidente, dai Direttori regionali di INPS e INAIL Lazio, ha 90 giorni di tempo per adottare una decisione cd. “eliminatoria” (con annullamento del provvedimento ispettivo impugnato), cd. “confermativa” (ovvero il rigetto del ricorso e la conferma delle deduzioni ispettive) o cd. “innovativa” (il Comitato ridetermina il provvedimento impugnato, modificandolo, in tutto o in parte). Tra l’altro, si precisa che il legislatore ha novellato un’ipotesi di “silenzio rigetto” del ricorso presentato, allorquando il predetto termine di 90 giorni spiri senza che il relativo provvedimento sia emesso dal C.R.L.
Considerato quanto precede, atteso il numero degli influencer che popolano il web italiano, il grado di affezione rispetto alle aziende che pubblicizzano (esplicitamente e/o in maniera occulta) e il considerevole volume di affari che essi generano, non è difficile immaginare che il suddetto Comitato – in un prossimo futuro – vedrà aumentare considerevolmente la mole di gravami rimessi alla propria decisione «sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell’Amministrazione», senza la possibilità di ulteriore attività istruttoria.
Interessante notare come il Tribunale abbia preso contezza di come l’introduzione dei nuovi mezzi e delle nuove tecniche di vendita abbiano modificato le modalità con cui i consumatori interagiscono con i prodotti e i servizi. In questo contesto, i social network e le piattaforme digitali diventano uno strumento ulteriore per fare promozione grazie alla figura degli influencer, da qualificarsi come agenti di commercio, al ricorrere di indici idonei a dimostrare gli elementi di stabilità e continuità della collaborazione tipica di cui all’art. 1742 e ss. c.c., e cioè:
Ebbene, il Tribunale romano ha – sic et simpliciter – calato nella realtà delle “comunità digitali” tutti gli anzidetti tradizionali indici giurisprudenziali discretivi, utili a definire la sussistenza di una collaborazione di agenzia rispetto a figure ad esso similari (su tutte, il procacciamento d’affari).
Nelle more di eventuale appello, è evidente che la dinamica del “codice sconto personalizzato per influencer” abbia fatto protendere per tale logica e razionale sussunzione interpretativa.
È noto che gli agenti di commercio debbano “conformarsi” alle direttive ricevute dal preponente, senza tuttavia che quest’ultime incidano sull’autonomia organizzativa degli stessi, sfociando in un vero e proprio potere direttivo eterodiretto (ex art. 2094 c.c.).
Sicché, sono da ritenersi incompatibili con l’autonomia propria dell’agente tutte quelle forme di ingerenza tipica del venditore lavoratore subordinato (ad es. l’indicazione quotidiana di una lista di specifici clienti da contattare o da visitare): il proponente diventa datore di lavoro allorquando imponga all’agente il “come”, il “dove” e il “quando” della sua prestazione.
Tornando alla pronuncia in parola, condividendo l’interpretazione di un primo intervento dottrinale in materia (cfr. P. Iervolino, Quello che le sentenze non dicono: influencer e contratto di agenzia, in L.P.O.), il decisum avrebbe potuto essere meno certo qualora a ricorrere fosse stato l’influencer (e non l’azienda, come nel caso di specie) al fine di accertare la natura subordinata del rapporto di consulenza in essere: d’altronde, come si è detto, allo stesso veniva comunque corrisposto a tempo indeterminato un compenso fisso per l’attività di promozione sui social network. Sicché, nulla è da escludere a prescindere, dovendosi interrogare “caso per caso”, anche in sede ispettiva, tenuto conto dell’intero compendio istruttorio in atti.
[*] Avvocato e Dottore di ricerca in Diritto del lavoro ‒ Università di Roma “La Sapienza”, già Assegnista di Ricerca in Diritto del Lavoro presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino. Attualmente è responsabile del Processo Pianificazione e Controllo della Direzione Interregionale del Lavoro del Centro. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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