Daniela Bauduin ed Elena Falletti sono autrici del volume “Sicurezza, automazione e dignità del lavoro” (Futura editrice, 2023), in cui analizzano la trasformazione in atto nel mondo del lavoro, contrassegnata dall’emersione di nuove competenze e di nuovi fattori di rischio. Nel libro il tema della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori è esaminato come aspetto essenziale del processo educativo della persona, alla luce dei grandi cambiamenti nel mondo del lavoro. Sono inoltre esposti alcuni profili più strettamente connessi con il rapporto lavorativo, in particolare il trattamento dei dati personali e gli algoritmi in grado di gestire le prestazioni di lavoro attraverso piattaforme digitali.
Nel presente contributo, le Autrici intendono rimarcare ulteriormente la necessità di una nuova presa di coscienza dei valori costituzionali del lavoro, capace di renderli prevalenti rispetto all’innovazione tecnologica, che deve essere conforme alla dignità umana e al bisogno dell’individuo di esprimere nel lavoro la propria personalità.
L’automazione del lavoro intellettuale, che temiamo devastante e senza precedenti, ci sembra così intrusiva e pericolosa da poter sostituire il logos, ovvero l’umana capacità di pensare[1]. Tuttavia, essa non rappresenta un’esperienza primigenia. Questo fenomeno ha importanti precedenti storici, a partire per esempio dall’applicazione della macchina a vapore in sostituzione della forza umana o animale, avvenuta già a metà del XVIII secolo con il processo noto come “Rivoluzione Industriale”. Fu epocale, sconvolse il modo di intendere la vita e il mondo, ma neppure questo fu l’unico, né l’ultimo caso in cui una macchina poteva sostituire un elemento naturale. Analogamente, si può rammentare la meraviglia collegata all’invenzione di apparecchi meccanici adatti a volare, che però non provocarono né la scomparsa degli uccelli, né fecero crescere penne e piume sulle braccia degli esseri umani, ma li rese in grado di fare cose inimmaginabili in precedenza, come vincere la forza di gravità, solcare i cieli e magari bombardare le città dall’alto.
Oggi gli esseri umani si trovano nuovamente di fronte ad un cambio di paradigma analogo a quelli avvenuti in passato, ma a differenza della prima Rivoluzione industriale non sono più innocenti o inesperti. Infatti, sulla base dell’esperienza è possibile (almeno) intuire quali possano essere le conseguenze più rilevanti dell’automazione di una caratteristica umana, soprattutto per quel che concerne l’argomento che qui maggiormente interessa, cioè la meccanizzazione del lavoro: ieri fisico e manuale, adesso intellettuale.
Una delle sensazioni che sono emerse durante la stesura di “Sicurezza, automazione e dignità del lavoro” riguarda il fatto che più se ne discute e più si viene avvolti dalla “bolla” che circonda la c.d. “intelligenza artificiale”. Tale bolla è così densa da concentrarsi in prevalenza sulle meraviglie dell’artificialità, in particolare sulle capacità imitative del pensiero (es: modelli GenAI come l’ormai ubiquo ChatGPT), di elaborare immagini (es: Midjourney, Dall-E) o addirittura sulla possibilità di guidare automobili autonomamente (es: Waymo). Di fronte a tali risultati sbalorditivi, appare scemare l’attenzione, specie istituzionale, al lavoro fisico degli esseri umani, come se il loro contributo, e quindi la loro presenza, non fosse più considerata rilevante.
Nell’immaginario collettivo, se non nella coscienza comune, i lavoratori umani (es: operai, edili, trasportatori, agricoltori e così via elencando) stanno svanendo. Ecco, quindi, che i lavoratori fatti di sangue, carne ed ossa cadono vittime di incidenti mortali o gravemente invalidanti perché produttività e redditività diventano il solo parametro di valutazione, riducendo l’intero processo produttivo a voci di costi e benefici. Ne consegue che i contratti sono estremamente precarizzati, invece di crescere, la retribuzione del lavoro diminuisce come diminuisce la sicurezza dei luoghi di lavoro poiché è considerata erroneamente un costo, vi è di più, un costo eccessivo e quindi è trascurata a discapito dell’incolumità delle persone che svolgono il loro mestiere.
Si è detto che è stata «la forza dell’empatia»[2] a far scattare le rivoluzioni che portarono al riconoscimento dei diritti umani perché solo quando ci si identifica nella sofferenza altrui si è in grado di prendersi cura del nostro destino comune di esseri umani. A questo proposito non si può non ricordare il vissuto di Simone Weil, che per sopperire alla mancanza di esperienza diretta della condizione operaia, diventò operaia ella stessa. Da quelle faticose vicissitudini la Filosofa giunse a una riflessione: la questione vera e profonda non riguarda la comprensione da parte di altri di chi vive una certa condizione, ma piuttosto l’impossibilità per i primi di capire veramente tale situazione[3]. O, ancora più provocatoriamente, se fossero capaci di mettere da parte le loro certezze e imparare umilmente in che cosa consiste la vita di quelli che la perdono in un incidente sul lavoro.
La Costituzione italiana è «lavoristica», la prima norma, collocata significativamente tra i principi fondamentali, sancisce che l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (art. 1, comma 1). Per «lavoro» si intende un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art. 4, comma 2, Cost.) e che, liberando la persona umana dal bisogno materiale, consente l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, comma 2, Cost.). Si tratta dell’eguaglianza sostanziale che esprime l’esigenza di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Il lavoro è strumento di sviluppo della personalità e mezzo per ottenere un reddito sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa (art. 36, comma 1, Cost.). Spetta alla Repubblica tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35, comma 1, Cost.), la Costituzione si riferisce non soltanto allo Stato, ma anche agli altri enti pubblici territoriali, quali comuni, città metropolitane e regioni, nonché alle forze sociali che operano all’interno della società, in particolare ai sindacati.
Uno strumento che interviene a eliminare le situazioni di bisogno del lavoratore nel caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria, è la previdenza sociale (art. 38, comma 2, Cost.).
Tra gli ostacoli economici e sociali di cui si è detto vi è certamente la mancanza di lavoro, la sua irregolarità, la sua nocività, l’assenza di un reddito sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa (art. 36, comma 1, Cost.). La dignità è richiamata in modo espresso anche nella norma costituzionale dedicata all’eguaglianza formale «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge» (art. 3, comma 1, Cost.) ed in quella sull’iniziativa economica privata che è libera ma non può svolgersi in contrasto con la dignità umana, oltre che con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà (art. 41, comma 2, Cost.).
La nostra Costituzione è pervasa di dignità, pensiamo al diritto alla salute (art. 32), alla disposizione secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27), all’inviolabilità della libertà personale (art. 13).
Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata a Nizza nel dicembre 2000, confermata nel 2007 e richiamata nel Trattato di Lisbona, la dignità è enunciata nel preambolo «Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà (…)», il Capo I è rubricato «Dignità» e la prima disposizione dell’articolato normativo sancisce che «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».
La dignità è dunque l’architrave su cui tutto si regge, è fonte di diritti e altresì di limiti per il potere pubblico, per quello economico, per l’autonomia individuale, per i rapporti sociali, per il potere tecnologico. Nell’epoca in corso, essa assume particolare rilievo nel diritto del lavoro, in ragione dei cambiamenti radicali intervenuti con l’economia delle piattaforme digitali e l’introduzione ad opera dell’innovazione tecnologica di nuove lavorazioni e differenti modalità di svolgimento del lavoro.
Il disegno costituzionale del lavoro dignitoso appare irrimediabilmente astratto di fronte all’ennesima morte sul lavoro, dopo la tragedia del 30 agosto 2023 in cui persero la vita cinque operai che lavoravano sui binari a Brandizzo, in Piemonte, un altro lavoratore è stato investito dal treno poco distante dalla stazione di San Giorgio di Piano, nel Bolognese[4].
«Solo allora, una volta morto, l’operaio, da fantasma che era, prende corpo»[5], così scrive Vitaliano Trevisan nell’inedito Dove tutto ebbe inizio, collocato nel libro autobiografico in cui ha raccontato il lavoro nella parte del nostro Paese, il Nord-Est, in cui è considerato una religione.
La letteratura, non solo quella working class incentrata sul Lavoro, è in grado di esprimere con estrema efficacia l’estraneità e il senso di oppressione che il lavoro indegno, nocivo, pericoloso porta con sé. Si pensi ad Amianto [6] di Alberto Prunetti, che racconta la storia di Renato, padre dell’autore, operaio saldatore e tubista che per lavorare doveva coprirsi di amianto, oppure ad Un’assenza in cui Natalia Ginsburg intervista Rita Montagnana, al ritorno dalla fabbrica Alluminium di Borgo Dora[7], dove si respirava a fatica in stanze sudice e buie.
Lo sviluppo tecnologico, con l’ingresso dei robot e dell’intelligenza artificiale in fabbrica e in generale nel mondo del lavoro, ha migliorato le condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori?
Dall’esperienza emerge che le piattaforme digitali hanno trasformato i lavoratori in una massa indistinta, una folla, si ricorre infatti alla parola «crowdworker» in quanto i volti delle persone umane svaniscono, le fisionomie singole non esistono più. Un processo di depersonalizzazione del lavoro che affievolisce la responsabilità di chi decide ricorrendo ad algoritmi e incrementa la solitudine del lavoratore che opera in spazi virtuali non facilmente accessibili all’azione sindacale.
In questo contesto, può il lavoro umano tornare ad essere il valore che fonda la nostra partecipazione alla società?
[1] N. Bostrom, Superintelligence: Paths, dangers, strategies, Oxford University Press, 2014.
[2] L. Hunt, La forza dell'empatia. Una storia dei diritti dell'uomo, trad. it. P. Marangon, Laterza, Roma-Bari, 2010.
[3] T. R. Nevin, Simone Weil. Ritratto di un’ebrea che si volle esiliare, trad. it. G. Boringhieri, Bollati Boringhieri, Torino, 1997.
[4] La Repubblica del 5 ottobre 2024, p. 6.
[5] V. Trevisan, Works, Einaudi, Torino, 2022, p. 680.
[6] A. Prunetti, Amianto. Una storia operaia, Agenzia X, 2012.
[7] N. Ginzburg, Un’assenza, Einaudi, Torino, 2016, pp. 156-159.
[*] Daniela Bauduin è un funzionario pubblico, in precedenza ha esercitato la professione forense, è autrice di articoli in materia giuridica e ha scritto i volumi L'economia sommersa e lo scandalo dell'evasione fiscale (con Giancarlo Ferrero, Ediesse, 2012) e Glossario dei diritti in divenire (con Elena Falletti, Ediesse, 2013).
[**] Elena Falletti è professoressa associata di Diritto dell’Intelligenza Artificiale presso l’Università Carlo Cattaneo-LIUC di Castellanza (VA). È autrice dei volumi Glossario dei diritti in divenire (insieme a Daniela Bauduin, Ediesse, 2013) e Discriminazione algoritmica (Giappichelli, 2022).
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