Annno XII - n° 66

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Novembre/Dicembre 2024

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Annno XII - n° 66

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I bassi salari e la supplenza dei sindaci all’inerzia di Governo e Parlamento


di Pietro Napoleoni [*]

Pietro Napoleoni

L'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico, OCSE, nel suo più recente rapporto ha rilevato che, tra i grandi Paesi membri dell'Organizzazione, l'Italia ha fatto registrare la più significativa riduzione dei salari reali.

L'OCSE ha evidenziato che l’Italia si colloca al primo posto tra le nazioni con il maggiore decremento dei salari reali, quelli cioè calcolati in relazione al livello generale dei prezzi al consumo. Nel rapporto si sottolinea che il nostro Paese ha subito una diminuzione del 7,3 per cento dei salari reali nel solo anno 2022 rispetto al 2021.

La causa principale di questa perdita di potere d'acquisto viene attribuita all'incremento dell'inflazione generato dal conflitto in Ucraina, con il conseguente rialzo dei prezzi dell'energia. Ma il rapporto va oltre la situazione emergenziale connotata prima della pandemia e poi dalla guerra in Europa. Già quattro anni fa, infatti, l'OCSE registrava un calo del 2,9 per cento del salario reale in Italia nel periodo dal 1990 al 2020, unico Paese dell'Unione Europea ad avere fatto registrare una variazione negativa dei salari reali.

Una raffigurazione severa nella sua oggettività che assume aspetti decisamente critici al confronto con le maggiori economie dell'Eurozona in cui, sempre secondo l'OCSE, per un lavoratore a tempo pieno, il salario medio, in Italia si è attestato a 31,5 mila euro lordi, in Germania a 45,5mila euro e in Francia a 41,7 mila euro lordi.

Le ragioni di una tale stagnazione salariale in effetti vanno ascritte ad un insieme di cause, ad iniziare dalla contenuta crescita della produttività ma anche dalla difficoltà della contrattazione collettiva e soprattutto dalla mancanza di uno strumento legislativo che, come prevede la Direttiva UE 2022/2041 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022, garantisca le necessarie procedure per la determinazione e l'aggiornamento dei salari minimi sulla base di criteri che ne assicurino l'adeguatezza per consentire ai lavoratori un tenore di vita dignitoso. In sostanza, uno strumento legislativo di sostegno alla contrattazione collettiva nella evidente difficoltà dei sindacati a reclamare la quota parte della ricchezza che il sistema produce. Strumento che è pur previsto nel nostro ordinamento.

La nostra Carta Costituzionale infatti, all'articolo 39, dopo avere stabilito il principio della libertà sindacale e i requisiti per la registrazione dei sindacati, predispone uno speciale procedimento per la stipulazione dei contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie cui il contratto si riferisce. E non si comprendono i motivi della mancata attuazione di tale importante norma primaria per individuare i sindacati più rappresentativi andando alla conta degli iscritti, attraverso un atto legislativo che concretizzi il tema della rappresentanza e rappresentatività sindacale e della efficacia erga omnes dei contratti. Anche al fine di escludere le organizzazioni non rappresentative che, con i loro contratti pirata, costituiscono un ulteriore fattore di decadimento del livello delle retribuzioni. Ma, allo stato, non sembrano pervenire da Governo e Parlamento segnali di un intendimento per un sostegno alla contrattazione collettiva con la finalità di riposizionare il livello dei salari con le maggiori economie europee. Anzi, una proposta di legge (A.C. 1275) concernente disposizioni per l'istituzione di un salario minimo, presentata, nell'attuale legislatura, da gruppi di opposizione, che nella sostanza si limitava a prevedere una tariffa minima oraria inderogabile, dopo un lungo e travagliato iter parlamentare alla Camera dei Deputati, è stata accantonata con un emendamento della maggioranza di governo. Un modo per prendere tempo ed eludere le aspettative di chi ha visto falcidiare il potere d'acquisto del proprio salario che, come di recente affermato dal Presidente della Repubblica, costituisce un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale.

Tale grido d'allarme ha trovato attenzione e ascolto da parte di numerosi amministratori locali che per la loro collocazione istituzionale sono più vicini ai cittadini e ai loro bisogni.

Napoleoni 66 1Il Comune di Firenze in particolare ha assunto il ruolo di capofila dei comuni che sono intervenuti a tutela della retribuzione minima salariale negli appalti pubblici. Con la delibera del 18 marzo 2024, la Giunta comunale ha esplicitamente impegnato gli uffici dell'Amministrazione ad indicare in tutte le procedure di gara, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 11 del Codice degli appalti (d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36), che al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni sia applicato il contratto collettivo maggiormente attinente alla attività svolta stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore. E a verificare che i contratti indicati nelle procedure di gara prevedano un trattamento economico minimo inderogabile pari a 9 euro l'ora. Una sorta di inserzione automatica di una clausola inserita di diritto nel contratto collettivo di riferimento, limitatamente agli operatori economici in sede di offerta.

La delibera del comune di Firenze non è rimasta un caso isolato in quanto la stessa decisione è stata assunta da altri comuni e anche da amministrazioni regionali seppure con diversi strumenti decisionali.

Significativa la delibera n.297 approvata il 19 luglio 2024 dalla Giunta del Comune di Napoli finalizzata, oltre che alla sicurezza e legalità negli appalti, alla tutela della retribuzione minima oraria salariale nei contratti con i quali il comune affiderà lavori, forniture e servizi che dovranno prevedere un trattamento economico per i dipendenti non inferiore a 9 euro l'ora. E significativa è la motivazione nella quale si sottolinea che l'Amministrazione intende garantire la dignità del lavoro senza l'ambizione di sostituirsi al Parlamento e alla politica nazionale.

La Regione Puglia, con apposita legge regionale (L. n.19 del 30 maggio 2024) ha previsto una premialità per le imprese che applicano il salario minimo di 9 euro l'ora nei contratti pubblici d'appalto o di concessione eseguiti sul territorio regionale.

Il Consiglio regionale del Lazio, con la mozione 155 dell'11 aprile 2024 ha impegnato il Presidente e la Giunta a richiedere agli operatori economici che partecipano alle procedure di gara, tutele rafforzate in favore dei lavoratori impegnati che dovranno ricevere un trattamento economico minimo inderogabile pari a 9 euro l'ora.

Le iniziative assunte e che vanno assumendo enti locali e regioni testimoniano come questi enti, pur con i limiti degli strumenti normativi a disposizione, siano in grado di interpretare i bisogni delle persone, di sviluppare idee e di assumere la responsabilità delle decisioni che altri livelli istituzionali non sono in grado di concretizzare.

L'ampiezza del fenomeno promosso da queste amministrazioni in ogni caso costituisce un richiamo ed un sollecito a Governo e Parlamento a porre la dovuta attenzione al tema del salario minimo legale. Quadrato Rosso

[*] Dopo la Scuola di specializzazione in diritto sindacale, è stato ispettore del lavoro, funzionario dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro, dirigente nel Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dirigente del settore legislativo della regione Campania, dirigente delle relazioni sindacali del comune di Roma. È autore di pubblicazioni in materia di organizzazione amministrativa del lavoro.

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