Annno XII - n° 66

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Novembre/Dicembre 2024

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Annno XII - n° 66

Novembre/Dicembre 2024

Nuovo CCNL e contrattazione integrativa nel comparto Funzioni Centrali

Alcune osservazioni alla luce dei dati ARAN e RGS


di Marco Biagiotti [*]

Marco Biagiotti 2

Biagiotti 66 3Non è mai una buona notizia per i lavoratori, in generale, quando il fronte delle rappresentanze sindacali storicamente più forti e tradizionalmente più unite si divide durante il confronto con le controparti datoriali, offrendo a queste ultime il dono (riteniamo alquanto gradito) della manifesta impossibilità di superare le proprie divergenze interne. È accaduto il 6 novembre scorso con la firma all’ARAN dell’ipotesi di rinnovo del CCNL per il personale del comparto Funzioni Centrali relativo al triennio 2022-2024[1]. Sarebbe fuori dallo spirito di questa rivista e dall’obiettivo del presente contributo argomentare sulle ragioni di una spaccatura inedita nel settore, maturata peraltro a suggello di una trattativa durata diversi mesi; o pretendere di attribuire patenti di congruità alle scelte di questa o quella Organizzazione. Ci limiteremo pertanto a qualche riflessione su taluni aspetti peculiari del nuovo CCNL in materia di relazioni sindacali e sul loro possibile collegamento al tema della contrattazione nazionale e integrativa nel settore pubblico, alla luce dello stato in cui quest’ultima oggi versa dopo 30 anni di “contrattualizzazione” del rapporto di lavoro.

Preliminarmente, può essere utile ricordare che il tema della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale nel lavoro pubblico contrattualizzato è l’oggetto del Titolo III del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (articoli da 40 a 50-bis), più volte modificato nel corso degli anni. Si tratta, com’è noto, di un corpo piuttosto articolato di regole e procedure stabilite per legge con “carattere imperativo” ai sensi dall’art. 2 dello stesso decreto 165. Anche i criteri per individuare i perimetri contrattuali dei contratti collettivi nazionali di lavoro e per definire le regole di misurazione della rappresentatività sindacale sono fissati dalla legge che, a sua volta, ne delega l’attuazione alla contrattazione nazionale entro spazi di manovra predeterminati. Appare dunque evidente la peculiarità che caratterizza il mondo del lavoro pubblico rispetto al privato, dove attualmente non esistono norme di legge (né accordi collettivi che da esse discendano) per determinare i confini degli ambiti settoriali di applicazione dei contratti nazionali e, tanto meno, le procedure per misurare la rappresentatività dei soggetti negoziali.

Biagiotti 66 1Nel lavoro pubblico contrattualizzato la rappresentatività delle associazioni sindacali deriva dalla procedura di accertamento descritta nell’art. 43 del decreto 165. Il dato della percentuale di rappresentatività per ciascuna organizzazione in esito a tale procedura costituisce la base di riferimento per la composizione del tavolo negoziale a livello di contratto collettivo nazionale di lavoro. Ai sensi del comma 1 del citato art. 43, infatti, “L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale” [2]. Forse ancor più rilevante, alla luce delle vicende che hanno interessato il rinnovo contrattuale del comparto Funzioni Centrali, è il contenuto del comma 3 del medesimo articolo, dove si stabilisce che “L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale neI comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.” Al riguardo, è utile ricordare che il vincolo percentuale non sussiste per la sottoscrizione degli accordi di contrattazione collettiva integrativa ai sensi del comma 3-bis dell’art. 40 dello stesso decreto 165.

Le organizzazioni sindacali devono quindi raggiungere una maggioranza del 51% per poter sottoscrivere gli accordi nazionali di comparto (per il personale non dirigente) o di area (per il personale dirigente) Confrontando i dati ARAN sull’accertamento della rappresentatività scaturito dalle elezioni RSU degli ultimi anni salta agli occhi come la composizione delle possibili maggioranze al tavolo nazionale possa variare anche per effetto di piccoli spostamenti della percentuale di rappresentatività di ciascuna organizzazione. Ad esempio, nel comparto Funzioni Centrali solo sette organizzazioni sindacali hanno superato la percentuale del 5% per il triennio 2022-2024, mentre ben 72 organizzazioni sono rimaste al di sotto di tale soglia. Complessivamente, le sette organizzazioni maggiori delle Funzioni Centrali hanno raccolto il 98,6% di rappresentatività per il triennio 2022-2024. Quelle che hanno sottoscritto l’ipotesi di rinnovo del 6 novembre assommano il 53,71%, ma le stesse sigle non raggiungevano insieme la soglia del 51% in nessuno dei due trienni precedenti. Sarebbe interessante esplorare le dinamiche (in termini di adesioni e risultati elettorali) che hanno contribuito a determinare le condizioni per la nascita di una inedita maggioranza al tavolo negoziale, anche con riguardo alle eventuali correlazioni con l’andamento della partecipazione al voto e con l’evoluzione demografica del comparto[3].

Biagiotti 66 2La sezione del CCNL 2022-2024 dedicata al sistema delle relazioni sindacali è piuttosto ampia (articoli da 3 a 11) ed eredita dai CCNL precedenti un pacchetto strutturato di prerogative e spazi di agibilità il cui ampliamento è, storicamente, uno degli obiettivi comuni a tutte le organizzazioni sindacali rappresentative. La necessità di calare meglio nelle realtà operative delle singole amministrazioni le innovazioni di carattere organizzativo legate alla continua evoluzione legislativa e alla diffusione di tecnologie sempre più performanti (si pensi al crescente numero di procedure amministrative guidate, in tutto o in parte, dall’intelligenza artificiale) attraversa oggi in modo trasversale tutta la p.a., rendendo non più rinviabile il tema del rafforzamento degli strumenti partecipativi governati nell’ambito del sistema relazionale collettivo. La particolare struttura organizzativa delle amministrazioni delle Funzioni Centrali, dove sussiste un doppio livello di contrattazione integrativa nazionale e territoriale, pone in evidenza, più che in altri comparti, il tema della diffusione e della qualità dell’esercizio delle prerogative negoziali nelle strutture decentrate che sono sedi di RSU. Dal “Rapporto sul monitoraggio dei contratti integrativi del settore pubblico. Risultanze di sintesi dell’anno 2023”, recentemente diffuso dall’ARAN[4], si apprende che le sedi di contrattazione integrativa nei quattro comparti del personale non dirigente contrattualizzato ammontano in tutto a 20.661, di cui 17.953 afferenti a sedi di contrattazione nazionale o a sedi uniche e 2.708 a sedi di contrattazione territoriale[5]. Colpisce il fatto che nelle Funzioni Centrali le sedi di contrattazione nazionale e le sedi uniche risultano pari a 731 (ossia il 4% del totale di tutti i comparti), mentre le sedi di contrattazione territoriale risultano pari a 2.564 (ossia il 94,7% del totale), fotografando la peculiarità di un comparto che, pure, secondo i dati RGS rappresenta appena il 6,6% di tutto il personale pubblico in regime di diritto comune[6]. Nell’anno di riferimento, tuttavia, la citata rilevazione ARAN mostra che il “tasso di contrattazione” più basso rispetto alle sedi di contrattazione nazionale e alle sedi uniche è proprio quello delle Funzioni Centrali (17%, contro una media complessiva del 64% per l’insieme di tutti i comparti), mentre rispetto alle sedi territoriali si assesta ad un non entusiasmante 20%, sebbene qui incidano assai negativamente le performance nulle delle Agenzie Fiscali, degli Enti Art. 70 e, soprattutto (in considerazione della numerosità delle sedi territoriali), degli Enti Pubblici non economici.

L’art. 7 del nuovo CCNL amplia rispetto al CCNL precedente il novero delle materie oggetto di contrattazione a livello di sede di contrattazione integrativa nazionale o di sede unica nonchè, seppure con diverso grado di intensità, a livello di sede decentrata[7]. Alla lista di materie preesistenti si aggiungono infatti: i criteri di priorità per l’accesso al lavoro agile ed al lavoro da remoto e i casi in cui è possibile estendere il numero delle giornate di prestazione rese in modalità agile o da remoto; la previsione della facoltà, per i lavoratori turnisti che abbiano prestato la propria attività in una giornata festiva infrasettimanale, di optare per un numero equivalente di ore di riposo compensativo in luogo della corresponsione dell’indennità di turno; i criteri per l’attribuzione degli incentivi per lo svolgimento di funzioni tecniche previsti dall’art. 45 del Codice degli appalti. Solo nel primo caso, tuttavia, l’ampliamento delle prerogative negoziali vale anche per il livello territoriale della contrattazione, il quale guadagna altresì la materia riguardante i riflessi sulla qualità del lavoro e sulla professionalità delle innovazioni tecnologiche inerenti all’organizzazione dei servizi, prima limitato alle sedi di contrattazione integrativa nazionale e alle sedi uniche.

Biagiotti 66 4In conclusione, si potrebbe discutere se questa estensione delle prerogative contrattuali soddisfi o meno le esigenze di un comparto che, a 30 anni dalla contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei suoi dipendenti, appare ancora poco dinamico, scarsamente incisivo sui contenuti di carattere normativo e troppo concentrato sulla distribuzione di risorse economiche. Lo conferma il citato Rapporto ARAN sul monitoraggio dei contratti integrativi per il 2023 (ma evidenze simili emergono anche dai rapporti per gli anni precedenti), dove si sottolinea che l’84% dell’attività negoziale nel comparto Funzioni Centrali è dedicata “alla trattazione di istituti del trattamento economico (indennità variabili, premi performance ed altri trattamenti accessori, maggiorazioni delle tariffe base nazionali previste per talune indennità, criteri per le progressioni economiche) e del riparto delle risorse decentrate. Si ricava dunque che molte amministrazioni di tale comparto non hanno attivato le trattative su aspetti a contenuto non economico demandate dal contratto nazionale sottoscritto a maggio 2022 (triennio 2019/2021)” [8]. Ad avviso di chi scrive, l’avanzamento nel percorso di contrattualizzazione del rapporto di lavoro (corredato dal rafforzamento delle prerogative sindacali) segnato dal nuovo CCNL potrà essere ulteriormente implementato in futuro nella misura in cui il fronte sindacale impegnerà ai tavoli del confronto politico tutta la reale forza rappresentativa di cui dispone. La trasformazione della p.a. passa attraverso l’ampliamento degli spazi della contrattazione integrativa e il coinvolgimento partecipativo delle persone che in essa operano a beneficio della collettività. E forse nessun comparto come le Funzioni Centrali oggi necessita di un più deciso scatto in tal senso. Quadrato Rosso

Note

[1] Alla data di redazione del presente contributo è in corso l’iter dei controlli, previsto dall’art. 47 del decreto legislativo 165/2001, che precede la definitiva sottoscrizione e l’entrata in vigore del CCNL.

[2] Sempre ai sensi del medesimo comma 1, il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato, mentre il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.

[3] Come spunto di riflessione per futuri approfondimenti, ad esempio, si può osservare che nel comparto Funzioni Centrali l’accertamento della rappresentatività 2022-2024 è stato effettuato considerando un totale di 86.850 deleghe e 153.076 voti, contro le 101.066 deleghe e i 188.635 voti per l’accertamento relativo al triennio 2019-2021 e le 113.022 deleghe e i 197.386 voti per il triennio 2016-2018. Quanto all’evoluzione demografica, le Funzioni Centrali sono l’unico comparto della p.a. caratterizzato da un trend occupazionale costantemente negativo dal 2001 al 2022, come attestano i dati ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato (www.contoannuale.rgs.mef.gov.it). In tale lasso di tempo, infatti, si è passati da 330.401 occupati (pari al 9,4% del totale p.a.) a 197.986 (6,1%), dirigenti compresi, il che equivale a una perdita di personale in servizio superiore al 40%. Peraltro, la contrazione demografica appare evidente anche limitando il confronto agli ultimi anni (2016-2022), con una perdita netta di circa 50.000 unità.

[4] Al riguardo, l’Agenzia precisa che i dati riportati provengono dal sistema informativo della “Procedura unificata di trasmissione dei contratti integrativi”, alimentato dalle amministrazioni che inviano i contratti all’ARAN e al CNEL ai sensi dell’articolo 40 bis, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001.

[5] ARAN, Rapporto sul monitoraggio dei contratti integrativi del settore pubblico. Risultanze di sintesi dell’anno 2023, Tavola 2, pag. 7. Il dato si riferisce alle amministrazioni, incluse le sedi periferiche di contrattazione e le sedi estere, presenti in banca dati Aran a giugno 2024.

[6] CNEL, “Le dinamiche retributive e contrattuali nel settore pubblico nelle recenti rilevazioni di ARAN”, di Carlo Garella e Giuseppina Papini, collana “Casi e materiali di discussione: mercato del lavoro e contrattazione collettiva”, n. 22/2024, Roma, Dicembre 2024, pag. 20: “La particolarità del comparto in analisi che comprende i Ministeri, le Agenzie e gli ex Enti pubblici non economici (d’ora in avanti anche EPNE), nonché il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, l’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile e quegli enti di cui all’art. 70 d.lgs. n. 165/2001, come ad esempio ACI, ordini professionali o Parchi nazionali, consiste nella diversa articolazione dei livelli di contrattazione. Infatti, a differenza di altri comparti, è qui presente la sede nazionale di contrattazione integrativa idonea a negoziare il contratto integrativo di Ministero o di Ente, cui devono aggiungersi varie sedi decentrate, che riflettono la dimensione organizzativa dell’Amministrazione, articolata su base geografica o su base di Direzione o di Dipartimento.”

[7] Si omette in questa sede l’illustrazione delle novità contenute negli artt. 4 (Informazione), 5 (Confronto) e 6 (Organismo paritetico per l’innovazione), per i quali si rinvia ad un successivo approfondimento.

[8] La media di tutti i comparti è pari al 48% per le materie a contenuto normativo, al 47% per quelle a contenuto economico e al 5% per gli accordi stralcio su altre “specifiche materie”.

[*] Dipendente del Ministero del Lavoro dal 1984 al 2009 e, dal 2009 ad oggi, del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Ha collaborato alla realizzazione della collana di volumi “Lavoro e contratti nel pubblico impiego” per la UIL Pubblica Amministrazione. Dal 1996 al 2009 è stato responsabile del periodico di informazione e cultura sindacale “Il Corriere del Lavoro”. Dal 2011 al 2023 ha collaborato alla redazione del notiziario “Mercato del lavoro e Archivio nazionale dei contratti collettivi” del CNEL.

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