Effemeridi • Pillole di satira e costume, per distrarsi un poco
Il lavoro, quello manuale, era considerato dalle elite dell’antichità come l’attività infima dell’uomo. Nella Bibbia Dio punisce Adamo ed Eva che hanno commesso il peccato originale facendoli diventare mortali e infliggendo loro il lavoro come una maledizione. Conosciamo tutti il monito “Lavorerai col sudore della tua fronte”. Per millenni, dunque, tale attività ritenuta disdicevole, è stata contrapposta a quella intellettuale, reputata nobile. I filosofi della Grecia classica non si sarebbero mai sporcati le mani per compiti non legati al pensiero. Le grandi opere del passato come le piramidi, i templi, la muraglia cinese furono eseguite col lavoro di migliaia di esseri, schiavi o appartenenti all’ultimo anello della catena sociale.
Il lavoro quotidiano significava lotta e fatica per la sopravvivenza e spesso gran parte dei suoi frutti andava ai potenti. Anche nel medioevo era riservato a individui, i servi della gleba, poco più che schiavi. Nell’ambito, poi, di questa massa di diseredati, la donna era posta all’ultimo gradino, senza alcun diritto civile o politico. A lei, oltre che allevare la prole, spettavano i compiti più duri come cucinare, lavare, lavorare nei campi, trasportare carichi pesanti mentre, magari, il marito la precedeva sulla sua cavalcatura. E in casi non limitati, soprattutto nel mondo contadino, il decesso di un animale da soma, per il suo costo, era considerato un evento più temibile della perdita della propria moglie, che poteva essere rimpiazzata con l’aggiunta di una dote. Nel diciannovesimo secolo le cose hanno avuto una svolta e il lavoro accanto al concetto di faticosità ha assunto anche quello di redenzione. Era maturata l’idea che il lavoratore non doveva essere più un individuo isolato ma formare una classe, quella proletaria per rivendicare i propri diritti. Il merito va attribuito ai movimenti socialisti che facevano riferimento al Manifesto di Marx e poi a quelli cattolici che seguivano l’enciclica Rerum Novarum.
Da allora il lavoro ha assunto nuova dignità ed è iniziato il riscatto di chi lo svolgeva. Il sindacato è stato l’espressione di questa nuova consapevolezza e della necessità di uscire dall’isolamento per far fronte comune. La battaglia, dura e anche piena di sofferenze e sconfitte non si è mai arrestata e nel corso degli anni ha dato i suoi frutti, prima in campo salariale, poi in quello mutualistico e assistenziale, infine in quello della tutela dei diritti della dignità e sicurezza. Il fulcro di questa rivoluzione è stata l’Europa da cui si è irradiata in ogni parte del mondo. Nel Novecento è qui che sono nati i grandi partiti di massa che ponevano il lavoro al centro della società in base alle rispettive ideologie. Va detto, purtroppo, che fu anche la culla d'ideologie terribili come il nazismo i cui adepti si macchiarono di un orribile genocidio, oltretutto deridendo le vittime. Infatti, all’ingresso di Auschwitz, forse il peggiore dei campi di sterminio, posero la scritta blasfema, il lavoro rende liberi.
L’Italia ha seguito le orme delle altre nazioni più sviluppate, anche se inizialmente la classe operaia era meno estesa e forte, concentrata in zone ristrette del Paese a causa del ritardo dello sviluppo industriale e il predominio dell’agricoltura. Anche in quest’ultimo settore, tuttavia, non mancarono battaglie per l’affermazione dei propri diritti soprattutto da parte dei braccianti dell’Emilia Romagna e del Tavoliere pugliese. Con l’avvento del fascismo ci furono un’inversione di tendenza e la perdita del potere contrattuale dei lavoratori con la repressione dei dirigenti politici e sindacali, anche se, a onore del vero, va detto che fu emanata una legislazione del lavoro, soprattutto per la parte assicurativa e previdenziale, di prim’ordine.
Nel dopoguerra con il ritorno alla libertà e alla democrazia, i lavoratori hanno ripreso la loro marcia e nel nostro Paese le lotte hanno portato a risultati incredibili, soprattutto negli Anni Sessanta e Settanta. Le tutele si sono moltiplicate dentro e fuori le fabbriche. Negli ultimi decenni, tuttavia, le trasformazioni radicali avvenute nel mondo del lavoro hanno cambiato e stanno cambiando le carte in tavola. Fino a qualche decennio fa il settore industriale era l’elemento trainante dell’economia e la grande industria favoriva l’unione e il potere dei lavoratori. La Fiat, tanto per fare un esempio, aveva oltre duecentomila dipendenti. Oggi prevale il terziario con i servizi, dove il lavoratore è tornato a essere un individuo isolato e il lavoro manuale è di molto ridimensionato, confinato in pochi settori. Guardando al futuro, anche se in alcuni servizi sono già operativi, i nuovi schiavi saranno i robot e gli strumenti dotati d'intelligenza artificiale, finché non saranno in grado di ribellarsi a questo destino imposto dall’uomo.
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