Anno XIII - n° 68

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Marzo/Aprile 2025

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Anno XIII - n° 68

Marzo/Aprile 2025

Papa Francesco
e il mondo del lavoro


di Matteo Ariano, Presidente della Fondazione Prof. Massimo D’Antona

Matteo Ariano 46

Fondazione 68 Papa 2La morte di Papa Francesco ha lasciato tutti noi attoniti per la rapidità improvvisa con cui è giunta, in un momento così difficile per l’umanità e nel corso dell’anno giubilare.

Come Fondazione prof. Massimo D’Antona ETS vogliamo ricordare i tanti messaggi sul lavoro del Pontefice, in questi dodici anni di pontificato, che ricongiungono pienamente la dottrina cattolica all’istanza di liberare il lavoro dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, propria anche dell’idea socialista e comunista e che, non a caso portò, nell’Italia del secondo dopoguerra, alla creazione di un sindacato unitario, composto da cattolici, socialisti e comunisti, uniti dal medesimo assunto: gli esseri umani sono tutti fratelli e sorelle, pertanto nessuno dev’essere più sfruttato da un suo fratello o da una sua sorella.

Ripercorrendo i tanti messaggi inviati dal Papa nel corso di udienze o ricorrenze varie, si legge chiaramente questo insegnamento: «[…] viviamo in un tempo di sfruttamento dei lavoratori; in un tempo, dove il lavoro non è proprio al servizio della dignità della persona, ma è il lavoro schiavo. Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo». Il concetto di “umanesimo del lavoro” è di straordinaria attualità per le sue diverse implicazioni; anzitutto per la degradazione dell’essere umano cui certe forme di lavoro possono condurre, ma anche per l’emergere di nuove tecnologie che possono ridurre il ruolo dell’essere umano a mero comprimario o succube e non più ad attore protagonista.

Il lavoro, nella visione di Francesco, è strumento che serve a sfamare l’essere umano, ma anche attraverso cui si esplica la sua dignità: «Una cosa è avere del pane da mangiare in casa e altra è portarlo a casa come frutto del lavoro. E questo è ciò che dà dignità. Quando chiediamo lavoro stiamo chiedendo di poter sentire la dignità; […] chiediamo la dignità che ci conferisce il lavoro; poter portare il pane a casa. Trabajo, il termine spagnolo per Lavoro, con la sua T (che insieme alle altre due T: Tetto e Terra) si trova tra i concetti fondamentali dei Diritti Umani. E quando chiediamo lavoro per portare il pane a casa, stiamo chiedendo dignità». Lavorare, quindi, eleva l’essere umano e addirittura lo avvicina all’opera creatrice primaria di Dio (così Francesco in altri suoi discorsi).

La rivendicazione della centralità dell’essere umano e non del profitto porta il Papa a contrapporsi alle troppe forme di precariato che attanagliano i tanti giovani che si affacciano al mondo del lavoro e che impediscono loro di fare progetti di vita come comprare casa o creare una famiglia e avere figli: «Occorre soprattutto contrastare la percezione di vuoto che si insidia nel cuore di molti giovani, i quali, mentre il tempo passa, vedono crescere l’impressione di non arrivare da nessuna parte ed ereditano da noi adulti un messaggio nocivo: che nella vita non ci sia nulla di stabile. Contratti a termine, lavori così brevi che impediscono di progettare la vita, bassi redditi e basse tutele sembrano i muri di un labirinto dal quale non si riesce a trovare via d’uscita».

Fondazione 68 Papa 1Le parole di Francesco si fanno più dure verso quelle forme di sfruttamento che possono arrivare a vere e proprie forme di schiavitù: «anche oggi ci sono tanti schiavi, tanti uomini e donne che non sono liberi di lavorare: sono costretti a lavorare per sopravvivere, niente di più. Sono schiavi: i lavori forzati… Ci sono lavori forzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uomo a vivere con la dignità calpestata. Sono tanti, tanti nel mondo. Tanti. Nei giornali alcuni mesi fa abbiamo letto, in un Paese dell’Asia, come un signore aveva ucciso a bastonate un suo dipendente che guadagnava meno di mezzo dollaro al giorno, perché aveva fatto male una cosa. La schiavitù di oggi è la nostra “in-dignità”, perché toglie la dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi». In un altro messaggio, Francesco afferma senza mezzi termini che: «oggi nel mondo il lavoro schiavo è uno stile di gestione».

Naturalmente, in questa prospettiva umanistica del lavoro, che pone al centro l’essere umano e la sua dignità, non può mancare una presa di posizione netta sulla mancanza di sicurezza sul lavoro, «sempre più scandalosa e preoccupante, […] effetto della corsa febbrile a produrre di più ad ogni costo. Quante vittime ci sono ancora sul posto di lavoro!».

A fronte di tutto ciò, Francesco ha avuto il coraggio di segnare una distanza, netta e precisa, tra la sua Chiesa e chi fa dello sfruttamento dei suoi fratelli e delle sue sorelle uno strumento di vita e di lavoro: «Penso ad alcuni benefattori della Chiesa che vengono con l’offerta - “Prenda per la Chiesa questa offerta” - è frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata con il lavoro malpagato! Io dirò a questa gente: “Per favore, portati indietro il tuo assegno, brucialo”. Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi».

Un uomo coraggioso, quindi, il cui insegnamento sulla necessità di un lavoro libero dallo sfruttamento e sulla centralità e dignità dell’essere umano, non possiamo che condividere pienamente, con l’auspicio che questo suo messaggio sia portato avanti dai suoi successori. Quadrato Rosso

FONDAZIONE PROF. MASSIMO D’ANTONA ETS

© 2013-2022 - Fondazione Prof. Massimo D'Antona