Il lavoro negli Enti sportivi dilettantistici
di Tiziano Argazzi [*]
Come già evidenziato in un precedente articolo pubblicato su questa rivista[1] il mondo dello sport dilettantistico possiede caratteristiche particolari e per certi versi peculiari, anche perché è un importante strumento di promozione sociale collettiva ed individuale e come tale destinatario di speciali norme agevolative in ambito fiscale, tributario e lavoristico.
È noto che l’associazionismo in generale è tutelato e garantito dalla Costituzione e dal codice civile che gli riconosce l’idoneità a perseguire scopi extra individuali ed a carattere non economico. Per focalizzare l’attenzione all’ambito sportivo, gli Enti possono avere carattere “ricreativo” in quanto lo scopo sociale è indirizzato e nello specifico riservato ai propri associati (vedasi ad esempio i circoli nautici, golfistici e tennistici) oppure “sportivo” in ragione del fatto che l’attività è rivolta verso terzi ed è fortemente caratterizzata in ambito agonistico dilettantistico.
Associazioni sportive o Società sportive: quale forma scegliere
In Italia la forma più utilizzata dagli organismi che svolgono attività sportivo dilettantistica è quella della Associazione Sportiva Dilettantistica (nel seguito ASD) mentre solo in minima parte si assiste alla nascita di una Società Sportiva Dilettantistica (nel seguito SSD)[2].
I motivi per cui le ASD sono preferite alle SSD sono molteplici e tutti collegati con il numero limitato di formalità connesse con la loro costituzione. Innanzi tutto non serve l’intervento del notaio (e questa non è una differenza di poco conto anche in termini economici) in quanto atto costitutivo e statuto possono essere redatti in forma di scrittura privata da registrare presso l’Agenzia delle Entrate, adempimento indispensabile per ottenere il codice fiscale necessario nei rapporti con i terzi siano essi persone fisiche, enti od associazioni. Nei due citati documenti vanno esplicitati oltre a denominazione, sede e patrimonio anche lo scopo sociale, le condizioni di ammissione degli associati e le regole di amministrazione.
Il rovescio della medaglia è però rappresentato dalla disciplina codicistica applicabile: per le ASD valgono le norme delle Associazioni non riconosciute che trovano fondamento agli artt. 36, 37 e 38 del cod.civ.. Questo sta a significare che in presenza di danni cagionati all’Ente sportivo e riconducibili ad una condotta degli amministratori anche con riguardo a mancati adempimenti di obblighi previsti da legge o statuto i medesimi sono responsabili nei confronti dello stesso. Inoltre in ragione dell’art. 38 cod. civ, per le obbligazioni assunte dalle persone che lo rappresentano i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune disciplinato dall’art. 37 del cod. civ. ed anche rivalendosi sui beni delle persone che hanno agito in nome e per conto della medesima Associazione che perciò rispondono anche personalmente e solidalmente.
Da ciò appare chiaro che alle ASD è riconosciuta una autonomia patrimoniale basata sulla garanzia offerta dal fondo comune[3] per le obbligazioni contratte dagli amministratori nell'esercizio dell'attività sociale. Tale autonomia patrimoniale però è imperfetta, in quanto la garanzia delle obbligazioni di volta in volta assunte viene estesa al patrimonio di coloro che abbiano agito in nome e per conto dell'associazione, intendendosi come tali i soggetti che abbiano concretamente svolto l'attività negoziale, anche se non titolari del potere di rappresentanza. In buona sostanza, nelle ASD gli amministratori in presenza di crediti (verso fornitori, dipendenti, collaboratori ed Amministrazioni pubbliche) rispondono anche con i propri beni patrimoniali. Nella SSD invece, a tutti gli effetti una società con personalità giuridica riconducibile alla Srl, l’elemento fondante è il capitale sociale e pertanto per le obbligazioni si risponde solo con lo stesso[4].
Non c’è invece differenza alcuna fra ASD ed SSD per quanto riguarda gli adempimenti in ambito lavoristico ed anche in materia di sicurezza dei lavoratori e degli ambienti di lavoro di cui al D.Lgs. 9.04.2008 n. 81 e successive modifiche ed integrazioni.
In questa sede ci si limiterà a tratteggiare alcuni degli adempimenti in materia di lavoro. Nei prossimi numeri della rivista si parlerà degli obblighi di sicurezza degli Enti sportivi dilettantistici e della applicabilità o meno agli stessi delle norme previste dal D.Lgs. 4.03.2014 n. 39 in presenza di attività rivolte a minori.
Rapporti di lavoro
Gli Enti sportivi dilettantistici per il perseguimento dei propri scopi avviano rapporti con quelle figure direttamente attinenti con l’attività agonistica (atleti, allenatori, dirigenti) e con una molteplicità di collaboratori amministrativo – gestionali e professionali che possono prestare la propria attività a titolo gratuito oppure a titolo oneroso.
In una ASD si possono incontrare rapporti di:
a) lavoro subordinato;
b) lavoro gratuito;
c) collaborazione coordinata e continuativa;
d) lavoro occasionale di tipo accessorio;
e) lavoro autonomo professionale;
f) lavoro autonomo occasionale;
g) agenzia e rappresentanza.
Per quanto riguarda le prestazioni di lavoro subordinato non si ritiene necessario soffermarsi ulteriormente in quanto gli adempimenti da porre in essere sono gli stessi previsti per la totalità dei datori di lavoro.
Qualche dubbio potrebbe sorgere in merito alla tipologia di CCNL da applicare. Al riguardo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rispondendo ad un interpello posto dal Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro[5] ha chiarito che: «Per quanto riguarda l’individuazione del CCNL di categoria in caso di assunzione di dipendenti – nell’evidenziare la “congruità”, nel caso di specie, di una applicazione del CCNL di categoria Impianti sportivi e Palestre – va evidenziato che il consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene non più applicabile l’art. 2070, comma 1, cod. civ. che permetteva di determinare il CCNL in base alla “attività effettivamente esercitata dall’imprenditore”. Ciò premesso, si deve far riferimento alla concreta volontà delle parti desumibile dal contratto individuale ovvero dall’applicazione continuata e non contestata di un certo CCNL».
Più specifico e di stretta attualità per gli Enti in commento è invece il tema del lavoro gratuito, che rappresenta la tipologia di collaborazione che più frequentemente si incontra in tali sodalizi con riguardo sia ai componenti della compagine sociale e sia in relazione a persone che pur non essendo socie dell’Ente ne condividono le finalità e gli obiettivi tanto da prestare gratuitamente la propria opera.
Che tale forma di prestazione sia ammessa trova un pacifico riconoscimento nell’art. 90 comma 23 della Legge n. 289/2002 dove viene previsto che i dipendenti pubblici possono prestare la propria attività nell'ambito delle SSD ed ASD, fuori dall'orario di lavoro, purché a titolo gratuito e, fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'Amministrazione di appartenenza.
Pertanto al manifestarsi della disponibilità a prestare attività gratuita da parte di soggetti estranei alla compagine sociale (per i soci l’attività prestata in forma volontaria, libera e gratuita dovrebbe, a parere di chi scrive, essere la norma), non sorge a carico delle ASD alcun obbligo giuridicamente rilevante di natura fiscale, retributiva e contributiva che possa giustificare pretese nei loro confronti da parte del prestatore di lavoro gratuito.
Al riguardo appare, secondo lo scrivente, buona norma far sottoscrivere al collaboratore una dichiarazione con cui viene manifestata la volontà di collaborare volontariamente all’attività dell’Associazione e di sollevarla da ogni pretesa risarcitoria da parte di terzi, in ordine a danni causati e/o derivanti dall'attività da lui svolta. Parimenti andrà posto in rilievo che l’attività viene svolta sotto la sua personale e diretta responsabilità e di conseguenza non potrà rivalersi sull’associazione per danni da lui subiti nello svolgimento di tale prestazione.
Va da sé che in tale tipologia di collaborazione l’ASD potrà riconoscere al prestatore il solo rimborso delle spese di viaggio, vitto ed alloggio effettivamente sostenute ed idoneamente documentate per lo svolgimento della sua attività a favore dell’Ente sportivo.
Per tali prestazioni in capo all’ASD non sorge neppure l’obbligo di assicurazione presso l’INAIL. L’unico adempimento rimane quello di garantire a tali prestatori una idonea copertura assicurativa[6] in caso di infortuni avvenuti in occasione e a causa dello svolgimento delle attività sportive, dai quali sia derivata la morte o una inabilità permanente.
Con il successivo Dpcm 16.04.2008 recante in rubrica “Assicurazione obbligatoria per gli sportivi”[7] sono state indicate le modalità attuative stabilendo nel contempo che tale assicurazione (che opera senza limiti di età e per tutto il mondo) tutela le conseguenze degli infortuni accaduti ai soggetti assicurati durante ed a causa dello svolgimento delle attività sportive, degli allenamenti e durante le indispensabili azioni preliminari e finali di ogni gara od allenamento ufficiale.
Sull’argomento ancora alcune riflessioni sulle collaborazioni amministrativo gestionali forme contrattuali normalmente utilizzate negli Enti sportivi dilettantistici. Innanzi tutto con riguardo al trattamento fiscale si evidenzia che le stesse vengono classificate fra i redditi diversi e nello specifico ricomprese al co. 1 lett. m) dell’art. 67 del TUIR approvato con Dpr. 22.12.1986 n. 917[8]. Il successive art. 69 del TUIR rileva al co.2 che le indennità, i rimborsi, i premi ed i compensi riconducibili al comma ed alla lettera dell’articolo che precede “non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 7.500 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale”. Da ciò deriva che fino a tale importo le ASD non hanno alcun obbligo nei confronti del fisco. L’importante precisazione è dell’Agenzia delle Entrate che con circolare n. 21 del 22.04.2003 ha stabilito che i redditi di cui trattasi “fino a 7500 euro sono esclusi dalla formazione del reddito; oltre 7.500 euro e fino a 28.158,28 euro sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta” e sopra tale ultimo importo sono soggetti a ritenuta a titolo di acconto. Da questo discende in via diretta che fino a 7500 euro le ASD non hanno alcun obbligo nemmeno nei confronti di INPS ed INAIL.
Con riguardo al profilo lavoristico si sottolinea che le siffatte collaborazioni sono attratte nell’alveo del lavoro parasubordinato. Ciò comporta per le ASD l’assolvimento di una serie di adempimenti connessi con la costituzione e lo svolgimento dei rapporti di lavoro e che riguardano le comunicazioni preventive al Centro per l’Impiego e la tenuta dei libri obbligatori.
Per quanto riguarda le comunicazioni preventive al Centro per l’Impiego in caso di attivazione di un rapporto di lavoro si ricorda che il co. 2 dell’art. 9 bis del D.L. 510/1996 così come modificato dalla Legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) ha disposto che in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, e gli enti pubblici economici debbono darne preventiva comunicazione al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro mediante documentazione avente data certa di trasmissione. Il Ministero del Lavoro è intervenuto sulla materia in commento con una serie di chiarimenti interpretativi ed operativi. In particolare con lettera circolare del 14.02.2007, prot. n. 4746, ha incluso nell’obbligo di comunicazione le prestazioni sportive di cui all’art. 3 della Legge n. 91/1981[9] se svolte in forma di co.co.co. e le “collaborazioni individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n, 289” che sono quelle utilizzate a fini istituzionali in favore delle ASD (ed anche le SSD) affiliate alle federazioni sportive nazionali con associate discipline sportive ed anche agli Enti di promozione sportiva purché riconosciute dal CONI.
Da quanto precede appare evidente che al sorgere di una siffatta collaborazione le ASD debbono darne preventiva comunicazione al Centro per l’Impiego competente per territorio. Lo stesso Dicastero con interpello n. 22 del 9.06.2010 ha ribadito tale valutazione sostenendo che gli Enti che fanno attività sportiva dilettantistica “che stipulano contratti di collaborazione di cui all’art. 90 della Legge n. 289/2002 sono comunque tenute all’obbligo di comunicazione preventiva al competente Centro per l’Impiego”.
Per quanto poi riguarda l’annotazione nel Libro unico del Lavoro (LUL) dei compensi percepiti in ragione di tali collaborazioni si rileva che l’art. 39 co.1 del D.L. 25.06.2008 n. 112 convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133 ha stabilito che “il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il LUL nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i co.co.co. e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo”. In tale libro debbono tra l’altro essere annotate le elargizioni di ogni tipo in denaro o natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro comprese le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Sull’argomento il Dicastero del Lavoro a mezzo di apposito Vademecum[10] ha sostenuto che non è automatico che i compensi corrisposti ai collaboratori nel limite dei 7.500 euro debbano essere nel LUL. Al riguardo è infatti necessario distinguere fra una prestazione resa in regime di collaborazione coordinata e continuativa, che dovrà essere sempre iscritta sul Libro Unico del Lavoro, e l’esecuzione di mansioni o servizi di carattere istituzionale che caratterizza i soci delle associazioni sportive dilettantistiche iscritte nelle rispettive federazioni, non soggetta ad obblighi di registrazione.
Dall’orientamento ministeriale appare chiaro che se una prestazione è svolta in forma di collaborazione coordinata e continuativa (e quella amministrativo-gestionale è stata ritenuta tale), debbono porsi in essere gli adempimenti di comunicazione preventiva ed iscrizione nel LUL anche in presenza di importi erogati inferiori a 7.500 euro.
Diversi autori nell’interrogarsi sulla natura degli indicati compensi mettono in discussione l’obbligatorietà di tali adempimenti. Sta di fatto che in ragione dell’espresso orientamento ministeriale in caso di verifica ispettiva il mancato adempimento comporta l’applicazione di sanzioni molto pesanti che vanno da 100 a 500 euro per ogni lavoratore per l’omessa preventiva comunicazione di avviamento al Centro per l’Impiego e da 150 a 1.500 euro per l'omessa o infedele registrazione dei dati nel LUL che determini differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali. Se le violazioni si riferiscono a più di 10 lavoratori la sanzione passa da 500 a 3.000 euro.
Note
[1] Prestazioni lavorative con Associazioni e Società sportive dilettantistiche: le agevolazioni, i vantaggi e le limitazioni - Lavoro@Confronto n.1 del 20 ottobre 2013 - pagg. 32 – 34.
[2] Gli enti sportivi dilettantistici per potersi qualificare tali debbono ricomprendere nel nome la locuzione “dilettantistica” senza abbreviazioni e possono assumere una delle forme seguenti: (a) Associazione sportiva con personalità giuridica regolata dal D.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361; (b) Associazione sportiva priva di personalità giuridica regolata dagli artt. 36 e ss.gg. del cod. civ. (c) Società sportiva di capitali o cooperativa a cui si applicano le norme del libro V del cod. civ..
[3] L’art. 37 Cod. civ. stabilisce che “i contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finché questa non viene sciolta i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretenderne la quota in caso di recesso”.
[4] Artt. 2462 e 2463 cod. civ..
[5] Interpello n. 22 del 9 giugno 2010 recante in oggetto “Collaborazioni coordinate e continuative – associazioni e società sportive dilettantistiche”.
[6] L’obbligo assicurativo a carico delle ASD (previsto dell’art. 51 della Legge 27 dicembre 2002 n. 289 -Legge finanziaria 2003) ricorre per tutti gli sportivi dilettanti (atleti, tecnici o dirigenti) tesserati con Federazioni sportive nazionali ed Enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni.
[7] Pubblicato in G.U. n. 152 del 1.7.2008.
[8] L’art. 67 co.1 lett m) del D.p.r. 22.12.1986 n. 917 ricomprende fra i redditi diversi «le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa i premi e i compensi erogati (…) nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche».
[9] La legge 23.03.1981 n. 91 ha dettato norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti.
[10] Con Vademecum del 5.12.2008 il Ministero ha diramato 92 chiarimenti amministrativi inerenti le problematiche più importanti sul LUL ed in particolare su: a) modalità di tenuta e calendario delle presenze; b) soggetti da iscrivere e contenuti delle registrazioni e c) sistema sanzionatorio.
[*] Tiziano Argazzi è Funzionario attualmente in servizio presso la Direzione Territoriale del Lavoro di Rovigo. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero personale dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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