Anno XIII - n° 72

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Novembre/Dicembre 2025

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Anno XIII - n° 72

Novembre/Dicembre 2025

L’altro ispettore: a difesa della dignità del lavoro, ora si vada avanti


di Matteo Ariano [*]

Matteo Ariano 46

“Trattasi di personale che deve essere dotato di prontezza e resistenza fisica quasi militari, di cultura varia e incessante incremento di agilità intellettuale, propria a seguire i rapidi progressi delle industrie e a sentire e a risolvere problemi nuovi e sottili; insospettabile per sicura probità fra molteplici lusinghe, e capace di acquistarsi in breve l’autorità necessaria a vincere, con accorta e delicata fermezza, la resistenza e, talvolta, la collusione di industriali potenti e di intere masse operaie. Un personale così altamente qualificato, così diverso dal tipo tradizionale del burocrate esecutivo è già difficile a reclutarsi con l’offerta di stipendi di L. 200 e di L. 300 annue lorde di parecchie ritenute, soprattutto in centri industriali ove è caro il costo della vita e dove operai e capi operai e medici e ingegneri appena mediocri, facilmente si procacciano il doppio, con minore responsabilità e fatica”.

Così, l’onorevole Filippo Turati, autorevole esponente del socialismo italiano, descriveva gli ispettori del lavoro nella prima legge istitutiva di questa figura. Era il 1912 e anche l’Italia introduceva questa figura a tutela della parte più debole del rapporto di lavoro – il lavoratore – e a tutela della legalità e della dignità del lavoro.

È trascorso oltre un secolo, ma quella descrizione resta ancora pienamente valida: il mondo del lavoro è per definizione un mondo in continua trasformazione e chi vigila sul rispetto delle sue leggi dev’essere altrettanto pronto a seguire tali trasformazioni, anzi è normalmente colui che già le vede, vi assiste nel corso dei suoi sopralluoghi in azienda. Così l’utilizzo distorto dei contratti parasubordinati e delle partite IVA, l’uso illecito di distacchi di personale (anche su base transnazionale), l’abuso di subappalti, sono tutti fenomeni che chi opera quotidianamente nel campo ispettivo tocca con mano in prima persona e prova a contrastare.

Ariano 72 1Nelle scorse settimane, il servizio pubblico televisivo ha dato visibilità a questi lavoratori, con la serie televisiva “L’altro ispettore”. Finalmente anche il grande pubblico televisivo è venuto a conoscenza dell’esistenza di questa figura, l’ispettore del lavoro, e del suo ruolo sociale. Già dal titolo si evidenzia che non si parla di un ispettore di polizia, un poliziotto del lavoro (anche se nella serie più di qualche tentazione in tal senso sembra esserci e questo non è proprio un bene), ma si rappresenta un funzionario altamente preparato che interviene per tutelare lavoratori e ripristinare la legalità.

Personalmente ho molto apprezzato che sin dalla prima puntata della serie TV sia stato espressamente citato l’art. 1 della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, cui il protagonista della serie TV aggiunge: “nostro compito è renderlo sicuro”. È vero, come sarebbe bello che l’ispettore Dodaro aggiungesse a quella frase anche l’aggettivo “dignitoso”, perché compito dell’istituzione pubblica da lui rappresentata è anche di difendere e tutelare la dignità del lavoro, non solo la sua sicurezza e questo viene svolto da tutto il personale dell’Ispettorato, attraverso i vari servizi che esso svolge quotidianamente, pur tra mille difficoltà e ostacoli.

Certamente non c’era da aspettarsi un documentario o un reportage, per cui, al netto di semplificazioni e qualche svarione, abbiamo assistito piuttosto a un’opera di alfabetizzazione primaria: chi è e cosa fa un ispettore del lavoro.

Ci si augura che nella seconda stagione della serie siano inseriti ulteriori elementi di realtà: ad esempio, l’ispettore Dodaro potrebbe ricordare di quando faceva attività di vigilanza, assieme a dei mediatori culturali, nelle campagne del reggino, per illustrare il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento di migranti; potrebbe occuparsi di grandi opere in appalto, per evidenziare come troppo spesso i lavoratori non sappiano neanche loro da chi dipendono (e qui dei bravi sceneggiatori potrebbero inserire anche scenette dal sapore tragicomico, volendo), a causa della eccessiva frammentazione degli appalti.

Ancora, si potrebbe evidenziare molto meglio il ruolo di denuncia delle organizzazioni sindacali – che emerge in maniera troppo timida nella serie, quasi se ne abbia vergogna –; molto spesso sono proprio le organizzazioni sindacali, che si rivolgono all’Ispettorato del lavoro per denunciare soprusi e illegalità verso i lavoratori compiuti da parte di alcune aziende. Più in generale, è utile che la serie TV ricordi al grande pubblico che non è affatto necessario vi siano dei morti di lavoro per avviare un’ispezione. Anzi: l’obiettivo delle ispezioni è prevenire tragedie, garantendo tutele e diritti.

Insomma, la strada – bene o male – è stata avviata: ci auguriamo ora che la RAI abbia il coraggio di tornare a svolgere quell’opera meritoria di alfabetizzazione della cittadinanza che svolse negli anni ’50 del secolo scorso. Così, accanto a momenti di più largo intrattenimento come questa serie TV, ci auguriamo anche momenti di approfondimento: in alcune specifiche giornate dell’anno – il 1° maggio, ad esempio, ma anche il 28 aprile, giornata internazionale della sicurezza sul lavoro – ci si potrebbe dedicare ampiamente, in diverse fasce orarie, alle condizioni di lavoro presenti in alcuni settori produttivi ovvero occuparsi delle cause di infortunio più comuni e come poterle evitare, coinvolgendo esperti dell’INAIL o del mondo delle ASL o, infine, illustrare in maniera più realistica le condizioni in cui operano gli ispettori del lavoro.

Anche in questo modo si costruisce la tanto decantata “cultura della sicurezza” e si può creare un argine contro certi comportamenti a parole deplorati.

Una chiosa finale: ci auguriamo che questa serie, rappresentata proprio nel momento in cui da parte governativa riemergono pericolose tentazioni di chiusura dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e di rientro nella compagine ministeriale, non sia il “de profundis” anche involontario all’attività di vigilanza sul lavoro, ma ne rappresenti invece il volano per un rilancio definitivo.

Perché la sicurezza sul lavoro e la dignità del lavoro siano patrimonio comune di questo Paese e non possono e non debbono essere divisivi. Quadrato Rosso


[*] Presidente della Fondazione Prof. Massimo D’Antona ETS


Auguri Natale 2025 2

Scarica il PDF dell’articolo

© 2013-2022 - Fondazione Prof. Massimo D'Antona