A seguito del progressivo scemare dell’emergenza per COVID-19, si sta riproponendo il dibattito circa il futuro del lavoro agile. È evidente, infatti, che venendo meno i più acuti stimoli prodotti dall’emergenza, vi possa essere una fase di progressivo regresso da tale modalità lavorativa.
Tale evenienza, tuttavia, deve essere evitata, poiché un sistema produttivo che voglia muoversi all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica e digitale deve mantenere alti i livelli di diffusione del lavoro agile e la regia politica di chi guida un Paese con un’economia avanzata come l’Italia dovrà pure perseguire un piano di potenziamento del lavoro agile.
Da più parti sono stati ampiamente illustrati i motivi che depongono in tal senso, sia in relazione al miglioramento della sostenibilità sociale, logistica e ambientale, sia riguardo allo sviluppo digitale delle Aziende; in tale ottica il lavoro agile non è più uno strumento pensato per la tutela individuale del singolo lavoratore ma diventa una leva per la riduzione di costi sociali inutili (si pensi alla mobilità dei pendolari) se non deleteri a livello ambientale.
Sui vantaggi che possono derivare da un’ampia applicazione del lavoro agile, da svolgersi secondo una frequenza di 2/3 giorni alla settimana, rimando a due miei precedenti articoli (“Smart Working: un rapporto di lavoro efficace” su Lavoro e Confronto – Anno VII n. 41, set/ott 2020) e (“Valenza sociale del lavoro agile” su Lavoro e Confronto – Anno VII n. 42, nov/dic 2020)
È auspicabile, allora, che le risorse messe a disposizione dal PNRR siano utilizzate anche per una ampia diffusione del lavoro agile, sempre da svolgersi secondo una frequenza di 2/3 giorni settimanali, sia nel lavoro privato che nel pubblico impiego.
Per le aziende private potrebbero essere messi in campo incentivi da concedere per l’innovazione tecnologica e direttamente legati all’implementazione del lavoro agile; oppure si potrebbe pensare a incentivi di carattere fiscale.
Per il pubblico impiego serve che l’attuale Governo esprima un chiaro indirizzo politico per una rapida digitalizzazione e diffusione del lavoro agile; in tale direzione la prima misura da adottare è quella di fare in modo che, nel processo di graduale rinnovo del patrimonio strumentale degli enti pubblici, si abbia l’accortezza di rimpiazzare tutti i dispositivi attualmente in dotazione al personale (personal computer anzitutto) che sono per la stragrande maggioranza utilizzabili solo in forma fissa, con dispositivi portatili (pc portatili, tablets), che possano essere utilizzati sia nel lavoro in presenza che in quello da remoto, evitando una duplicazione dei costi nel caso in cui si opti per il lavoro agile.
È paradossale, al riguardo, che mentre il Lavoro agile continui ad esser visto con sostanziale favore nell’ambito delle imprese private, soprattutto in quelle ad alto tasso di innovazione tecnologica, nel pubblico impiego si stia notando un pericoloso arretramento rispetto alla fase dell’emergenza covid. Infatti, a ben guardare, le “linee guida” preannunciate dal Ministro Brunetta sul lavoro agile costituiscono un Regolamento attuativo di un Decreto Ministeriale, emanate dallo stesso Ministro in data 8 ottobre 2021, che ha come scopo principale il ripristino del lavoro in presenza del personale pubblico, facendo cessare l’esperienza massiva della fase emergenziale e nonostante che le misure di sicurezza anti covid continuino ad essere vigenti. Al tempo stesso, in tali “linee guida” non ritroviamo alcuna enunciazione di principio che indichi che l’istituto del lavoro agile possa essere una leva di ammodernamento della PA; anzi in un passaggio si ribadisce che deve essere assicurata, per ogni dipendente, la prevalenza della prestazione in presenza.
Tale limite, imposto a priori, non tiene conto del fatto che dovrebbe essere la qualità della prestazione a calibrarsi anche sulla misura entro cui esercitare il lavoro agile e può impedire che la PA possa avere un ruolo trainante per lo sviluppo dello stesso.
Ancora: per la PA sembra incredibile che ad oggi, quanto meno negli Enti di carattere nazionale (Ministeri, Agenzie, Inps, Inail ecc ecc) non sia possibile, per un lavoratore, svolgere la propria prestazione presso la sede più prossima al proprio luogo di residenza nel caso che essa fosse più vicina della sede di servizio; in tal modo vi sarebbero una serie di vantaggi: favorire il lavoratore accorciando i tempi di percorrenza casa-lavoro e diminuire la connessa mobilità a livello di traffico, assicurando, al tempo stesso, lo svolgimento della prestazione nell’ambito di locali comunque appartenenti all’ente di appartenenza, già strutturati per ogni forma di controllo della presenza nonché in relazione alle normative antinfortunistiche, senza alcun costo aggiuntivo per l’ente datore di lavoro.
Come si è da più parti osservato, il lavoro agile può rappresentare una leva per rivitalizzare molti centri abitativi della Provincia italiana, presso i quali proprio la mancanza di lavoro sta producendo spopolamento, deprezzamento degli immobili, allentamento della tenuta del tessuto sociale, per la progressiva chiusura di esercizi commerciali e artigianali.
Al riguardo mi sento di formulare una proposta: creare presso i piccoli e medi Comuni interessati da questo fenomeno dello spopolamento, degli hubs dove poter offrire degli uffici con delle postazioni già attrezzate, non solo dal punto di vista tecnologico/informatico ma anche sotto l’aspetto sanitario e antinfortunistico, per il lavoro agile; l’offerta potrebbe essere rivolta ad ogni tipo di lavoratore (dirigente, impiegato, tecnico, amministrativo) sia esso dipendente pubblico che di un’azienda privata.
È evidente che molti Comuni medio/piccoli potrebbero essere rivitalizzati dalla presenza, sul loro territorio, di un hub di questo tipo che creerebbe, inevitabilmente un indotto in grado di produrre progressivamente benefici effetti sulle attività commerciali ed immobiliari.
Tutto questo perché non dobbiamo più pensare al Lavoro Agile solo come ad uno strumento per lavorare da casa (confondendolo con il vecchio telelavoro) ma come lo strumento che può dare la possibilità di lavorare ovunque.
[*] Economista e Responsabile del Personale di ANAS International Enterprise
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